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Marito e moglie in disaccordo sull’indirizzo della vita familiare, interviene il Giudice

Per moglie e marito essere in disaccordo sull’indirizzo della vita familiare può essere un vero problema tanto da costringerli all’intervento del Giudice.

Prendiamo per esempio due coniugi sposati da molti anni che non si capiscono più e non riescono ad accordarsi neppure sul colore della carta da parati. Se il disaccordo diventa profondo e, soprattutto se riguarda aspetti importanti della vita familiare, non trovare la quadra può diventare un grave problema. Pensiamo a cosa succederebbe se i due coniugi fossero costretti a dibattere sul cambiare casa, sul cambiare città, sulla scuola dei figli…insomma su argomenti non liquidabili con un semplice litigio.

 

Il disaccordo sull’indirizzo della vita familiare

L’ordinamento stabilisce che i coniugi debbano concordare tra loro “l’indirizzo della vita familiare”. Si tratta dell’insieme di regole e di condizioni di vita comune che i coniugi devono assumere di comune accordo e che entrambi sono tenuti ad attuare.

In caso di disaccordo insanabile fra i coniugi, è prevista la possibilità per entrambi di rivolgersi a un Giudice, che dovrà cercare di individuare una soluzione che possa mettere d’accordo la coppia. Qualora ciò non fosse possibile, il Giudice può adottare il provvedimento che ritiene migliore per le esigenze della famiglia: questa decisione però può essere presa solo se l’intervento è richiesto da entrambi i coniugi e se riguarda delle questioni davvero rilevanti. La decisione del Giudice, infatti, è vincolante, e non è appellabile: il coniuge che non la rispetta può rischiare di vedersi addebitata la separazione, qualora in seguito al disaccordo la coppia dovesse arrivare alla decisione di mettere fine all’unione.

Quando è possibile richiedere l’intervento di un giudice

 

Come abbiamo accennato, oltre alla scelta del luogo di residenza della famiglia, il concetto di indirizzo della vita familiare include altri elementi che possono incidere in maniera rilevante sulla vita del nucleo familiare, quali ad esempio l’attività lavorativa dei coniugi, il tenore di vita, la scelta di avere figli o meno e, in generale, la messa in pratica dei doveri coniugali. Tutte le decisioni relative agli “affari essenziali” debbano essere prese tenendo conto degli interessi di ciascun componente della famiglia. Se uno dei coniugi decide in maniera unilaterale su un “affare essenziale”, l’altro può quindi richiedere l’intervento di un Giudice per cercare di ristabilire l’armonia.

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Assegno di mantenimento: con la separazione il coniuge più debole ha diritto allo stesso tenore di vita che aveva nel matrimonio

La sentenza della Cassazione Berlusconi-Lario ha stabilito che in fase di separazione il coniuge più debole ha diritto ad avere un assegno di mantenimento parametrato sul tenore di vita goduto in costanza di matrimonio.

Con la lettura di questa sentenza a molti è venuta in mente un’altra importante pronuncia della Corte di Cassazione, la n. 11504/17, che invece aveva stabilito, pochi giorni prima, che non era dovuto l’assegno di mantenimento all’ex coniuge che risulti indipendente e autosufficiente anche solo potenzialmente.

La Corte di Cassazione ha, però, respinto il ricorso di Berlusconi, precisando che la sentenza n. 11504 del 10 maggio 2017 è andata a regolare la questione dell’assegno di mantenimento in caso di “divorzio”, e perciò, quando si verifica la cessazione dei doveri di solidarietà tra coniugi, mentre – in questo caso – alla base della discussione è stato posto l’assegno versato in sede di “separazione” da Berlusconi al coniuge separato. La Corte ha poi osservato che la separazione non elimina il vincolo coniugale e il coniuge più forte ha il dovere di garantire al coniuge separato lo stesso tenore di vita che aveva durante il matrimonio. Le Sezioni Unite della Corte, in ogni caso, con la sentenza del 11 luglio 2018, n. 18287 hanno introdotto nuovamente il criterio del tenore di vita e del contributo fornito alla conduzione della vita familiare in una concezione “composita” dell’assegno di mantenimento.

Come si determina l’assegno di mantenimento

La Cassazione ha inoltre precisato che con la separazione non vengono meno gli aspetti di natura patrimoniale e quindi la misura dell’assegno viene stabilita considerando prima di tutto la condizione delle parti ed il loro reddito ma anche le ragioni della decisione, il contributo personale ed economico dato alla famiglia e alla formazione del patrimonio di ciascuno, o di quello comune, il tutto valutato in relazione alla durata del matrimonio.

L’assegno a cui il coniuge debole separato ha diritto è di natura assistenziale avendo come scopo quello di rimediare al peggioramento delle condizioni economiche godute in costanza del matrimonio, avvenuto per colpa dello scioglimento del vincolo.

Valutare i redditi delle parti

Ai fini della valutazione dei presupposti per l’attribuzione dell’assegno è necessaria, quindi, un’indagine comparatistica della situazione reddituale e patrimoniale attuale del richiedente e dell’obbligato con quella della coppia all’epoca del matrimonio.

Questa ricostruzione della posizione patrimoniale e reddituale serve per verificare che chi chiede l’assegno si trovi realmente in una posizione di debolezza e deve essere fatta esaminando le condizioni soggettive (età, professione, salute ecc.) del richiedente, anche sopravvenute, considerando ogni fattore economico, sociale, individuale, ambientale e territoriale.

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Rapporto tra assegno di mantenimento e tenore di vita matrimoniale: dipende dai redditi | Separazione

L’assegno di mantenimento riconosciuto in fase di separazione dovrebbe permettere al coniuge che lo richiede di mantenere lo stesso tenore di vita goduto durante il matrimonio. Tale rapporto è garantito solo dopo la valutazione dei redditi dell’obbligato da parte del Giudice.

Consideriamo, ad esempio, il caso di una famiglia composta da tre persone: madre, padre e figlio. I coniugi sono entrambi impiegati, ma la mamma lavora part-time, così da poter trascorrere più tempo con il bambino. La famiglia, per tutta la durata della convivenza coniugale, ha mantenuto un tenore di vita ben al di sopra delle proprie possibilità, al punto tale che il marito, per poter far fronte alle numerose spese, ha contratto debiti con diverse società che erogano prestiti personali, il tutto all’oscuro della moglie.

Durante un’eventuale fase di separazione la moglie potrebbe pretendere un assegno di mantenimento parametrato allo stile di vita sostenuto fino a quel momento, ma l’immaginazione si scontrerebbe con il colore del conto in banca, il rosso!

Il processo di determinazione dell’assegno di mantenimento

E’ vero che di fronte alla richiesta di un assegno di mantenimento in fase di separazione, il Giudice deve valutare in via principale il tenore di vita mantenuto dalla coppia durante la convivenza coniugale e analizzare se il diritto all’assegno esista realmente.

Perché sia riconosciuta l’esistenza del diritto è, però, necessario che al richiedente non venga addebitata la separazione e dimostri di non avere i mezzi idonei a mantenere lo stile di vita precedente, né di poterli procurare per ragioni oggettive.

Infine, il giudice dovrà stabilire se la separazione abbia provocato uno sbilanciamento tra le risorse economiche del marito e quelle della moglie. In questo senso, non è necessario che il coniuge richiedente versi in stato di bisogno, essendo sufficiente dimostrare che le risorse di cui dispone non bastano a garantire il tenore di vita goduto in precedenza.

Quando il tenore di vita goduto dai coniugi durante la convivenza non è affatto sostenibile per le loro capacità reddituali, però, il Giudice non potrà considerarlo come il parametro di riferimento per la determinazione dell’assegno di mantenimento.

Rapporto tra stile di vita e redditi

Il Giudice, quindi, è obbligato ad effettuare una disamina della vera situazione patrimoniale e reddituale di entrambi per desumere il tenore di vita reale che la famiglia è in grado di mantenere. A quel punto, solo in presenza di un’effettiva disparità di risorse tra i coniugi, potrà arrivare a definire l’ammontare dell’eventuale assegno.

Dobbiamo considerare che l’assegno può essere riconosciuto solo compatibilmente con il reddito ed il patrimonio dell’obbligato. Laddove, quindi, per una difficoltà economica, non sia possibile mantenere il medesimo tenore di vita goduto durante la convivenza matrimoniale, l’assegno dovrà rispettare questa evidenza. Grazie alla sconsideratezza del marito, quindi, la famiglia di cui abbiamo tratteggiato l’ipotetico profilo, dopo la separazione, si troverà con ogni probabilità a doversi adattare ad uno stile di vita molto inferiore al precedente.

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