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Pro e contro dell’assegno divorzile una tantum

È innegabile che l’assegno divorzile una tantum rappresenti in prima battuta un esborso economico di un certo peso. Presuppone che ci sia una discreta liquidità, magari accumulata nel corso di diversi anni di lavoro. Tuttavia, quest’ipotesi potrebbe rivelarsi la più adatta in determinate circostanze.

Si consideri il caso in cui lei è un’imprenditrice di successo che sta meditando di espandere il suo business. Il marito, al contrario, si è sempre dimostrato poco concreto nella ricerca di un posto di lavoro al punto da non essere stato in grado di costruirsi nel tempo una discreta posizione economica. Durante il matrimonio ha sempre vissuto di rendita, grazie alla presenza e al supporto della moglie. All’atto del divorzio, l’ex moglie potrebbe temere che la corresponsione di un assegno periodico possa essere rischiosa. In futuro, infatti, il marito potrebbe chiedere degli aumenti, magari per approfittare dei successi professionali della ex o, se dovesse subire una diminuzione, dei propri redditi.

Una Tantum, differenze

A differenza dell’assegno periodico, quello una tantum sottrae automaticamente il coniuge che l’ha versato da eventuali domande di revisione. Il beneficiario, quindi – nel caso in analisi, il marito – non potrà un giorno avanzare nuove richieste economiche o modificare gli accordi raggiunti. Di fatto non potrà più richiedere alcuna somma ulteriore oltre a quella già ricevuta. Non solo: perderà anche il diritto alla sua quota di TFR, alla pensione di reversibilità e – in caso di morte – all’eventuale assegno a carico dell’eredità, unica eccezione sarebbe l’assegno alimentare.

D’altra parte, il coniuge beneficiario dell’assegno potrà incassare immediatamente una somma cospicua di denaro o altri trasferimenti patrimoniali, e nessuna vicenda personale potrà influire sull’accordo raggiunto. L’ex marito potrà insomma intraprendere una nuova convivenza o decidere di convolare a nozze con una nuova donna, senza che queste decisioni influiscano in alcun modo sulla somma già ricevuta.

Un profilo di attenzione relativo all’assegno una tantum riguarda la modificabilità da parte dell’obbligato. Se è vero infatti che questo non è revisionabile da parte del beneficiario, lo è invece per l’obbligato. Nel caso di un peggioramento delle sue condizioni economiche, infatti, il coniuge che ha versato l’assegno potrebbe richiedere una modifica delle condizioni di divorzio e reclamare a sua volta un assegno di mantenimento. È un aspetto che spesso viene trascurato, ma che è invece bene conoscere.

 Ciò che invece è del tutto precluso al coniuge che versa l’assegno una tantum è la possibilità di dedurlo dal reddito: quest’opzione resta valida solo e unicamente per gli assegni periodici. Complessivamente, quindi, quella dell’assegno una tantum rappresenta la soluzione più conveniente per il coniuge che dispone di una discreta somma di denaro perchè se nel breve termine rappresenta una spesa significativa, a lungo termine consente di evitare ogni possibile “rivendicazione” economica da parte dell’ex.

Si tratta in ogni caso di una scelta che deve essere concordata dai due coniugi e che deve sempre passare al vaglio del Giudice, il cui compito sarà stabilire se l’ammontare dell’assegno sia equo

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L’assegno una tantum… a rate

Quando vogliamo chiudere ogni rapporto con l’ex coniuge, e abbiamo raggiunto un accordo, versare in un’unica soluzione l’assegno di mantenimento potrebbe essere il modo più rapido per risolvere le questioni economiche. Non sempre però abbiamo a disposizione una somma sufficiente per concordare una quota una tantum.

Immaginiamo per esempio una coppia giovane che, dopo qualche anno di matrimonio, decide di separarsi e infine di divorziare. Il marito, che come dicevamo prima potrebbe non aver immediatamente a disposizione grosse somme di denaro, ha però la prospettiva di aumentare il proprio stipendio in futuro.

In questi casi possiamo valutare la possibilità di rateizzare l’importo. Non si tratta però di un assegno di mantenimento periodico (quindi soggetto ad adeguamenti successivi), ma di un importo fisso immodificabile nel tempo. In altre parole, la moglie non potrà chiedere in futuro che la rata pattuita precedentemente venga aumentata.

Pagare la rata del mutuo

Un’alternativa che possiamo scegliere, invece di versare l’importo all’ex coniuge tutto in una volta, èiquella di cedergli un immobile, ad esempio la casa familiare, e provvedere al pagamento delle eventuali rate del mutuo fino al saldo completo con la banca. Un accorgimento importante è quello di fare attenzione al costo totale del mutuo: un tasso fisso, infatti, consentirebbe di sapere fin da subito il totale dovuto, un tasso variabile no, per questo nelle condizioni di divorzio si potrebbe concordare l’importo massimo che verrà versato.

In ogni caso, anche versare la rata del mutuo ci permette di mantenere tutti i vantaggi di un assegno liquidato in un’unica soluzione. Proprio per questo però non si tratta di un accordo modificabile. La nota dolente è che, a differenza di un assegno di mantenimento, se l’ex coniuge dovesse risposarsi, avremo comunque l’obbligo di versare la rata fino alla completa estinzione del debito con la banca.

In definitiva, anche se non abbiamo a disposizione una somma sufficiente per versare l’assegno di mantenimento in un’unica soluzione, è ugualmente possibile valutare questa possibilità. Ricordiamo, però, che si tratta di una decisione che va concordata tra i coniugi e approvata dal Tribunale.

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Trasferimenti immobiliari al posto dell’assegno una tantum? Una soluzione possibile

Se si dispone di un patrimonio ingente e diversificato e si sta pensando di iniziare un procedimento di divorzio è utile sapere che ci sono alternative all’assegno di mantenimento mensile. La soluzione dell’assegno una tantum ne è un esempio, tramite il quale è possibile “liquidare” i diritti economici del coniuge anche attraverso trasferimenti patrimoniali, come somme di denaro, titoli azionari, beni mobili o immobili.

Se il marito, ad esempio, è proprietario di diverse abitazioni, la moglie potrebbe proporre un accordo che le riconosca il passaggio di proprietà di una o più case al posto dell’assegno di mantenimento. Oltre all’aspetto economico, dietro una scelta di questo tipo potrebbero esserci motivazioni più profonde come un legame affettivo ai luoghi frequentati durante il matrimonio.

La decisione dovrà essere comune e dovrà passare al vaglio del Giudice, ma potrebbe configurarsi come la soluzione migliore per tutte le parti coinvolte. Tornando all’esempio, la moglie potrebbe decidere di non volere una dipendenza economica dal marito negli anni a venire, mentre quest’ultimo avrebbe la possibilità di fermare sul nascere qualsiasi eventuale rivendicazione economica futura. Come la corresponsione dell’assegno in un’unica soluzione, infatti, anche il trasferimento patrimoniale è un accordo che non prevede revisioni – se si escludono specifiche eccezioni – e a fronte del quale il beneficiario non può più rivalersi sull’ex.

Vantaggi fiscali dei trasferimenti

Un ulteriore vantaggio previsto per i trasferimenti immobiliari che avvengono durante il divorzio è la totale esenzione da tutte le imposte. Marito e moglie quindi saranno dispensati dal pagamento delle imposte di registro, ipotecarie, catastali, dal bollo e da tutti gli altri tributi accessori e il beneficiario dell’immobile – la moglie nell’esempio – potrà godere anche delle agevolazioni per la prima casa, se effettivamente l’immobile trasferitole sarà utilizzato come abitazione principale (e purché resti di sua proprietà per almeno 5 anni).

Inoltre, è fondamentale considerare che il passaggio di proprietà dell’immobile, essendo a tutti gli effetti un una tantum, ha carattere definitivo. Ciò significa che alla morte del coniuge che ha acquisito di diritto l’immobile, questo si trasferirà ai suoi eredi e non tornerà più di proprietà del coniuge “originale”.

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I limiti dell’assegno divorzile una tantum

L’assegno una tantum comporta che il beneficiario non possa più avanzare pretese economiche verso l’ex coniuge ma permette a quest’ultimo di farlo in caso di successive proprie difficoltà.

In sede di divorzio, nell’ottica di risolvere in modo definitivo ogni vicendevole pretesa economica, marito e moglie potrebbero ipotizzare un accordo che preveda il pagamento di un assegno divorzile una tantum reciproco. Agli occhi dei due coniugi questa soluzione potrebbe rappresentare la soluzione migliore per non correre il rischio appena accennato.

Tuttavia, la legge non prevede questa possibilità. La ragione principale è da ricercarsi nel principio su cui è fondato il riconoscimento dell’assegno di mantenimento e cioé la natura assistenziale dello stesso. Affinché venga riconosciuto dal Giudice l’assegno di mantenimento, infatti, è necessario che con il divorzio si venga a creare uno squilibrio economico tra le parti con un coniuge economicamente più forte rispetto all’altro. In uno scenario di questo tipo, e in virtù di un principio di solidarietà che dovrebbe permanere anche in caso di scioglimento del matrimonio, l’assegno verrebbe riconosciuto alla parte più debole della coppia.

Se al contrario si ammettesse la possibilità di ciascun coniuge di chiudere la fase di divorzio con il versamento reciproco di un assegno una tantum, si configurerebbe un caso del tutto anomalo: marito e moglie sarebbero cioè contemporaneamente parte debole e parte forte.

E’ doveroso sottolineare che il Tribunale rigetterebbe la domanda perché vedrebbe un accordo di questo tipo come un negoziato privato in contrasto con le norme imperative e di ordine pubblico, oltre che per il mancato rispetto dei principi che regolano l’assegno di mantenimento.

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La separazione consensuale ed i limiti all’autonomia dei coniugi

Fortunatamente, non tutte le separazioni sono accompagnate da fragorosi momenti di conflittualità tra le parti. Spesso accade che, per i più svariati motivi, i coniugi decidono di comune accordo di separarsi, nel rispetto del sentimento e dell’affetto che li ha uniti fino ad allora. In molti casi marito e moglie, quindi, concordano le condizioni della separazione, non solo per quel che riguarda l’affidamento e il mantenimento degli eventuali figli, ma anche per quel che concerne gli aspetti patrimoniali. Potrebbero dunque stabilire di risolvere la questione economica definendo una somma di denaro da versare in un’unica soluzione e concordando il passaggio di proprietà di alcuni immobili dal marito alla moglie.

La separazione consensuale

La separazione consensuale prevede un procedimento molto più breve rispetto alla separazione giudiziale. Dopo aver depositato congiuntamente il ricorso, che riporta le concordate condizioni, è prevista un’unica udienza presidenziale, durante la quale il Presidente del Tribunale tenta la conciliazione. Se il tentativo di conciliazione fallisce, viene valutata la legittimità degli accordi che, in caso positivo, vengono omologati dal Tribunale..

Il Tribunale deve valutare se le condizioni stabilite dai coniugi siano legittime sia nell’interesse degli eventuali figli che nel rispetto dell’uguaglianza tra i coniugi ed i loro diritti. Se l’accordo non passa il vaglio, i due coniugi vengono invitati ad adottare opportune modifiche. Marito e moglie potranno decidere se seguire o meno le indicazioni ricevute, ma in ogni caso il Tribunale non modificherà d’ufficio l’accordo di separazione. Tutt’al più potrà decidere di non omologarlo: senza omologazione la separazione non avrà effetto.

I trasferimenti immobiliari e l’assegno in unica soluzione in sede di separazione

Negli ultimi tempi, per lasciare più autonomia ai coniugi, è concessa la possibilità di accordarsi su trasferimenti immobiliari o patrimoniali in unica soluzione, in alternativa all’assegno di mantenimento periodico. E’ però bene sottolineare che questi non rappresentano un’opzione “conveniente” da percorrere in sede di separazione perché non possiedono la caratteristica di immodificabilità tipica delle pattuizioni in sede di divorzio. L’una tantum divorzile, infatti, si contraddistingue per non essere modificabile e per estromettere il coniuge beneficiario da tutti gli altri diritti economici.

In fase di separazione, invece, entrambi i coniugi potrebbero in ogni momento procedere con una modifica delle condizioni laddove in futuro si verificasse qualche cambiamento significativo.

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