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Nuove prospettive per il DDL Zan: fermento nel mondo LGBTQI+

Il DDL Zan non ha trovato luce dopo il passaggio in Senato, tuttavia, possono esserci nuove prospettive per la sua approvazione seppur in forma modificata. Il mondo LGBTQI+ è giustamente in fermento dopo la grossa delusione degli scorsi mesi.

Cosa prevedeva il DDL Zan

Il DDL Zan, che prende il nome dal deputato del PD Alessandro Zan, relatore del disegno di legge alla Camera, è una proposta di legge che prevedeva la prevenzione ed il contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità“.

In particolar modo il disegno di legge puntava ad includere i concetti di genere e identità di genere e orientamento sessuale nell’impianto normativo, già presente nell’ordinamento italiano, che tutela le discriminazioni, l’odio o la violenza per motivi razziali, etnici, nazionali, religiosi (c.d. Legge Mancino-Reale del 1993).

La legge Mancino-Reale, infatti, già prevede la punizione per atti commessi per motivi a sfondo razziale, etnico o religioso e, pertanto, i relatori della proposta di legge hanno optato per estendere all’elenco dei reati già puniti dalla legge Mancino-Reale anche le discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere della vittima.

La proposta di legge chiedeva, quindi, una modifica degli artt. 604bis e 604ter c.p. estendendo la pena della reclusione (da 1 a 4 anni a seconda delle casistiche) e di una multa in caso di commissione di atti violenti o discriminatori (anche nella forma dell’istigazione) per motivi legati all’orientamento sessuale e/o di genere. Sarebbe stato introdotto, inoltre, il divieto di associazionismo basato sull’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi di genere.

Critiche al DDL Zan e posizione del Vaticano

Le maggiori critiche che sono state espresse nei confronti del DDL Zan, in maggioranza provenienti da alcune parti del centro destra, rilevavano una non necessarietà della specificazione prevista della proposta di legge, essendo le condotte punite riconducibili a quelle punite dalla Legge Mancino-Reale.

Altri esponenti politici e di varie associazioni cattoliche hanno avanzato il dubbio che il DDL Zan castrasse la libertà di espressione in particolar modo della Chiesa Cattolica con una violazione dei principi che regolano il Concordato in vigore tra Vaticano e Stato italiano. In particolare, ci sarebbero passi delle Sacre Scritture e delle tradizioni ecclesiastiche che considerano la differenza sessuale, secondo una prospettiva antropologica derivata dalla stessa Rivelazione divina, indisponibile e immodificabile secondo la Chiesa.

I sostenitori della proposta di legge hanno spedito al mittente tali sospetti, in primo luogo lamentando un’illegittima ingerenza della Santa Sede nello Stato italiano fino a violarne la sua laicità e, in secondo luogo, ritenendo non veritieri i rischi di limitazione del libero pensiero e della libertà religiosa.

Speranze future per il DDL Zan

Il dibattito ideologico tra le due fazioni è destinato a non sopirsi perché i pensieri dei due fronti sono parsi troppo distanti per conciliarsi.

In ogni caso il mondo LGBTQI+, sostenuto dalla maggior parte dell’opinione pubblica oltre che da numerosi personaggi noti dello sport, dello spettacolo e della cultura, intravede ulteriori speranze per l’approvazione del DDL Zan, seppur in forma modificata.

Il DDL Zan, infatti, non è sparito: la proposta di legge ad Aprile 2022 ritornarà in Commissione Giustizia e potrà essere ridiscusso seppur prevedendo nuove formulazioni che tutelino la libertà di espressione e la libertà religiosa.

Questa prospettiva crea un certo fermento nella comunità LGBTQI+ che spera di poter vincere una battaglia di civiltà. Un’occasione per non sprecare la possibilità di garantire tutela ad una parte della popolazione troppo spesso discriminata per motivi privati e personali.

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L’affidamento temporaneo: una tutela per i minori in caso di difficoltà familiari

L’affidamento temporaneo è uno strumento a tutela dei minori che vivono difficoltà familiari sia dal punto di vista economico che in presenza di maltrattamenti o estreme conflittualità con i genitori. Una delle casistiche più frequenti verificatesi negli ultimi anni, dopo che la crisi economica ha colpito pesantemente le famiglie del cosiddetto “ceto medio”, è quella dei genitori che si rendono conto di non poter più mantenere il proprio figlio.

L’affido può essere deciso d’accordo con i genitori

 

Pensiamo ad una famiglia monoreddito che si trova in una difficile condizione economica in seguito alla perdita del posto di lavoro del marito. Nonostante i tentativi del padre di trovare una nuova occupazione, la famiglia non può più garantire al figlio di crescere e studiare in tranquillità. In questo caso gli stessi genitori possono allertare i servizi sociali del comune di residenza i quali intervengono per chiedere al giudice tutelare, di concerto con madre e padre, di emettere un provvedimento di affidamento del minore a terzi della durata necessaria a far ristabilire la famiglia di origine.

Se, invece, manca il consenso dei genitori, l’affido può essere deciso con un provvedimento del Tribunale per i minorenni.

L’affido è, infatti, un provvedimento temporaneo, che ha l’obiettivo di garantire ai minori il diritto a mantenimento, educazione e istruzione nel caso in cui i genitori non siano in grado di provvedervi. Si tratta di uno degli strumenti previsti dal legislatore per aiutare i figli minorenni di famiglie in difficoltà.

 

I requisiti per diventare affidatari e i doveri dell’affidatario

 

Per poter diventare affidatari, è necessario dichiarare la propria disponibilità al servizio sociale locale, che è competente per la valutazione dell’idoneità ad accogliere minori in affidamento. Possono presentare domanda anche coppie senza figli e persone single, anche se la precedenza viene concessa a coppie sposate con figli minori.

Se non si trova una famiglia disposta ad accogliere il minore, il giudice può decidere l’affidamento a un istituto.

L’affidatario deve accogliere il minorenne, mantenerlo ed educarlo, seguendo comunque le indicazioni dei genitori biologici e favorendo il più possibile i rapporti fra il minore e la famiglia di origine: l’affido è infatti un provvedimento temporaneo, e l’affidatario è tenuto a favorire il più possibile il reinserimento nella famiglia di origine non appena questo sarà possibile.

La legge prevede delle agevolazioni per chi diventa affidatario di un minore: la Regione può disporre degli interventi di aiuto economico, mentre il giudice può decidere che l’affidatario riceva assegni familiari ed eventuali prestazioni previdenziali relative al minore.

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Coppie omosessuali e unione civile: tutela economica in caso di morte del partner

Dopo tanta attesa alle coppie omosessuali è stata riconosciuta la tutela economica in caso di morte del partner a seguito della celebrazione dell’unione civile.

Per capire la portata di questa importante novità possiamo partire da un esempio concreto molto esemplificativo. Un legame profondo lega da molti anni due uomini non più giovanissimi, entrambi hanno alle spalle una vita molto diversa da quella che stanno ora trascorrendo insieme: in particolare uno ha avuto due figli dalla ex moglie, da cui – dopo otto anni di matrimonio – si prima separato e, poi, divorziato.

Il primo è rimasto sempre scapolo e disoccupato, mentre l’altro, professore di scuola media – ora in pensione – ha attraversato un percorso di consapevolezza della propria omosessualità più tortuoso ed ha tagliato ogni contatto con ex moglie e figli che, dal canto loro, hanno vissuto l’outing del marito e padre come un tradimento non accettabile. Per rifarsi una vita i due hanno deciso di trasferirsi all’estero, forti di qualche risparmio e della pensione da insegnante.

Per un malore improvviso il professore in pensione muore, lasciando il compagno solo nel dolore per la perdita dell’amore di una vita ma anche privo di una importante fonte di sostentamento. I due uomini, infatti, non avevano mai ratificato la loro unione “di fatto” attraverso l’unione civile, così da ritrovarsi senza alcuna tutela legale. Tale mancanza di tutela economica per il compagno superstite, potrebbe risultare ancora più penalizzante, non avendo infatti il de cuius, ossia in questo caso il pensionato defunto, predisposto in vita alcun testamento al fine di lasciare parte dei propri beni al partner.

A chi spetta la pensione di reversibilità

 

Quando la famiglia di “primo letto” non ha intenzione di dare un valore morale alla semplice convivenza “di fatto” mediante uno spontaneo e altruistico aiuto, in quanto giuridicamente non dovuto, il compagno superstite potrebbe trovarsi in grosse difficoltà economiche, non potendo neppure accedere allo strumento di tutela riconosciuto dalla legge in tema di pensione di reversibilità.

La pensione di reversibilità infatti permette di ricevere il pagamento di una percentuale del trattamento pensionistico di un soggetto deceduto, la quale di norma spetta: al coniuge anche separato o divorziato, se la separazione è avvenuta senza pronuncia di addebito e se titolare di un assegno di mantenimento o divorzile, al partner di una unione civile, o ai figli del defunto qualora alla data della morte del genitore siano minorenni, inabili, studenti o universitari tra 18 e 26 anni, e a carico del de cuius, ai nipoti minori se a carico degli ascendenti.

In assenza di questi, la pensione di reversibilità va generalmente ai genitori purché ultra sessantacinquenni, non titolari di pensione e che alla data di morte siano a carico del de cuius, infine ai fratelli ed alle sorelle se inabili non titolari di pensione e a carico del de cuius.

L’INSP, a seguito dell’entrata in vigore della Legge Cirinnà, ha emanato la circolare n. 5171/2016, con la quale ha equiparato i coniugi alle persone dello stesso sesso unite civilmente permettendo, quindi, il riconoscimento del diritto alla pensione di reversibilità anche a questi ultimi.

La pensione viene riconosciuta anche al partner unito civilmente

 

Il superstite della coppia omosessuale solo se unito civilmente, essendo parificato al coniuge, ha diritto a una percentuale della pensione di reversibilità di chi è scomparso. La percentuale varia a seconda di vari fattori come, ad esempio, il fatto che sia presente solo il partner, oppure oltre al partner anche un figlio a carico del de cuius oppure più figli a carico del de cuius ecc..

Nel caso che abbiamo trattato, invece, nulla spetterà al partner dato che lui e l’ex insegnante non avevano regolamentato la loro unione civile, risultando una semplice coppia “di fatto”.

È utile precisare, infine, che il diritto a percepire un’indennità economica per il compagno superstite spetta anche nel caso in cui il defunto non abbia ancora ottenuto il pensionamento, quindi anche nei casi in cui la persona muoia in età meno avanzata, purché il lavoratore abbia maturato determinati livelli contributivi.

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Diritto dei nonni a vedere i nipoti: si alla tutela in Tribunale

I nonni hanno uno specifico diritto a vedere i nipoti. Quando i genitori dei bambini impediscono questo rapporto è possibile chiedere tutela al Tribunale che può ordinare specifici diritti di visita.

Spesso non facciamo caso a quanto siano importanti per i nostri figli le figure dei nonni e, per questo, il Legislatore è intervenuto a tutela di un rapporto molto importante per la crescita della prole.

Spessissimo vediamo nonni particolarmente legati ai loro nipoti, che talvolta li accudiscono quotidianamente fino all’inizio della scuola. Pensiamo a quante volte abbiamo visto un nonno che mostra al bambino le meraviglie del mondo o, più semplicemente, gli insegna ad andare in bicicletta, o ancora che telefona ai nipotini ogni sera, prima che si addormentino.

Se in una simile situazione i genitori decidessero di lasciarsi, sarebbe impensabile la sola ipotesi d’interrompere i rapporti con il nonno senza portare uno sconvolgimento all’interno della vita dei bambini. L’allontanamento dal nonno sarebbe solo causa di sofferenza, oltre a rappresentare un improvviso e brusco cambio di rotta rispetto alle normali abitudini dei minori. Proprio per questa ragione negli ultimi anni sono stati introdotti rimedi volti a tutelare maggiormente i rapporti dei figli con le famiglie d’origine.

Il diritto di visita dei nonni

 

Oggi, molto più che in passato, sono tutelati i legami dei minori coinvolti in una crisi familiare con i nonni materni e paterni. L’importanza per i nipoti di poter continuare a mantenere dei rapporti significativi con i nonni è stata recepita dando la possibilità ai nonni di far valere i propri diritti anche in Tribunale. Se un genitore negasse al proprio figlio ogni contatto con la famiglia dell’altro genitore, o della propria, i nonni potrebbero fare causa e ottenere il riconoscimento al diritto di visita del nipote.

Alcuni potrebbero dire che si sono aumentate le possibilità di litigiosità all’interno di un nucleo familiare già provato dalla separazione, ma forse l’importanza di preservare il rapporto con i propri nonni, e più in generale con la propria famiglia di origine, è un diritto per il minore per il quale val bene correre questo rischio.

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