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Cosa succede alla donazione al coniuge o al partner unito civilmente in caso di successione

In una coppia di partner, conviventi o coniugi è molto frequente fare o ricevere regali. Ma se i trasferimenti riguardano beni di valore elevato si realizza una donazione, una figura giuridica che è regolamentata in modo specifico dalla legge e soprattutto in caso di successione per morte del partner/del convivente/ della moglie/ del marito.

Pensiamo, ad esempio, alla cessione gratuita un immobile da un partner all’altro: talvolta queste decisioni possono avere motivi fiscali; possono sembrare vie d’uscita per sfuggire ai creditori in caso di grossi debiti (intesto la casa a mia moglie così i miei creditori non la possono pignorare) oppure potrebbero essere un modo per togliere dalla futura eredità beni di valore.

Attenzione alla collazione ereditaria

Nell’ultimo caso, ossia quando il partner, il convivente, la moglie o il marito che ha donato il bene muore, potrebbero sorgere alcuni problemi durante la divisione dell’eredità e, più in generale, per la successione. Solo le donazioni di modico valore fatte tra i coniugi o tra due persone unite civilmente, infatti, sono al “sicuro” e non entrano nell’eredità.

In tutti gli altri casi il bene che è stato donato in vita deve essere oggetto della cosiddetta collazione che consiste nel conferimento a tutti i coeredi del bene donato. In pratica chi ha ricevuto la donazione deve “mettere a disposizione” il bene in modo tale che questo rientri nella massa patrimoniale del defunto, così da poter da procedere alla corretta divisione tra tutti gli eredi.

 

La donazione di un determinato bene, infatti, potrebbe aver notevolmente impoverito il patrimonio del caro estinto. Ciò provocherebbe una lesione al diritto degli altri eredi che, in poche parole, dovrebbero dividersi un capitale inferiore. La “restituzione” della donazione permetterebbe di valutare il patrimonio oggetto dell’eredità in modo globale per capire se le quote di ciascun erede sono state rispettate.

L’unico caso in cui si è esonerati da tale obbligo è quando il defunto ha appositamente dispensato il congiunto, rispettando però alcuni limiti.

La legittima e i limiti della dispensa alla collazione

Come noto in Italia, anche se chi muore lascia testamento, esistono delle quote intoccabili (cd. legittime) per alcuni eredi quali il coniuge, i genitori e i figli. Se queste quote calcolate sull’intero patrimonio del defunto non vengono rispettate, l’erede leso nel suo diritto di legittima può e deve ottenere la reintegra della quota.

La parte restante dei beni viene chiamata quota disponibile perché può essere destinata a chiunque da parte di chi fa il testamento.

La dispensa a compiere la collazione dei beni donati è possibile solo entro i limiti della quota disponibile dell’eredità.

Facciamo un esempio per comprendere meglio. La quota di legittima per i genitori in caso di morte di un figlio che non abbia avuto figli ma si sia sposato o unito civilmente è pari ad un quarto del patrimonio del defunto. Quindi se dopo il matrimonio o l’unione civile fosse stata donata una casa al coniuge o al partner unito civilmente questi dovrebbe mettere la casa in collazione a meno che un quarto del patrimonio totale del defunto (al netto dell’appartamento donato) rimanga disponibile per l’eredità dei genitori.

Capiamo molto bene che, come accade spesso, nel caso in cui la casa costituisse gran parte del patrimonio del defunto potrebbero sorgere grossi problemi per il coniuge o il partner superstite. Egli, infatti, sarebbe costretto a cointestare parte della casa agli altri eredi (nel nostro esempio ai genitori del defunto) oppure a dare loro il corrispettivo valore in denaro.

Con l’approvazione della legge sulle Unioni Civili, i diritti di due persone unite civilmente sono stati parificati a quelli di due coniugi anche per quanto riguarda il campo delle donazioni, quindi, come abbiamo visto, è necessario porre la massima attenzione quando si decide di operare trasferimenti a titolo gratuito per non correre il rischio che questi vengano formalmente invalidati dalla collazione.

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Unione civile coppia gay o lesbica: diritti se il partner muore senza fare testamento

Quando il partner in una coppia gay o lesbica muore senza lasciare testamento chi sopravvive può far valere i suoi diritti se era stata celebrata un’unione civile. Fare testamento prima della Legge Cirinnà era di importanza vitale per tutte le coppie di fatto in quanto era l’unico modo legale per assicurarsi che una parte dei propri beni potesse arrivare al partner dopo la morte (nel rispetto delle quote da riservare agli eredi legittimi).

I casi in cui, dopo anni di relazione, conviventi gay o lesbiche si sono trovati sbattuti fuori di casa da “eredi legittimi” del defunto sono migliaia e, purtroppo, tutti di difficilissima – se non impossibile – soluzione giudiziaria. Le coppie omosessuali spesso vivono rapporti di conflittualità con le famiglie d’origine che arrivano addirittura ad ignorare l’esistenza di legami d’amore del proprio congiunto e, al momento della sua scomparsa, approfittano della legge per impedire al partner superstite di attingere all’eredità.

Molte persone, infatti, non pensano a mettere nero su bianco le proprie ultime volontà: chi per scaramanzia, chi per distrazione, chi perché non ne vede l’utilità, chi per paura di deludere familiari o amici o di commettere errori… Grazie alla celebrazione dell’unione civile, però, le coppie omosessuali possono vantare diritti ereditari pari a quelli di moglie e marito.

L’unione civile fa diventare eredi legittimi

 

La celebrazione dell’unione rende le due persone eredi legittimi perché, in materia di successioni, parifica in tutto e per tutto tale patto al matrimonio. Ciò significa che nel caso in cui una parte dell’unione dovesse morire senza lasciare un testamento il partner sarebbe l’erede universale, cioè l’unico ad aver diritto ad ereditare tutto il patrimonio della persona scomparsa.

Quanto spetta al partner se sono presenti altri familiari

L’intero patrimonio è devoluto alla parte unita civilmente al defunto se quest’ultimo non aveva alcun parente prossimo. Nel caso in cui chi muore lascia una famiglia più numerosa le cose cambiano in quanto viene previsto il diritto ad essere eredi anche per gli altri familiari.

In particolare: se la persona scomparsa aveva un figlio, il patrimonio dovrà essere ereditato a metà tra quest’ultimo ed il partner superstite; se aveva più figli un terzo dei beni spetterà al compagno o compagna ed i due terzi verranno destinati ai figli; se, invece, chi muore lascia unicamente i genitori questi erediteranno un terzo degli averi ed i due terzi sarà destinato alla parte unita civilmente.

Come si procede alla divisione del patrimonio in caso di più eredi legittimi

La prima cosa da fare è elencare tutti i beni del defunto così come i debiti o le passività da lui lasciate. In questa fase bisogna considerare anche i beni che chi è scomparso aveva donato in vita, che vanno a far parte della quota destinata all’erede, sempre che non si trattasse di donazioni di modesto valore.

Dopo aver stimato ogni bene e considerato le somme di denaro, si procede dando la parte spettante a ciascun erede in base alle quote previste dalla Legge. Gli eredi possono anche accordarsi durante la divisione per ottenere un bene invece di un altro ove ciò non sia possibile, si procederà con un conguaglio in denaro.

Per quanto riguarda i beni che non si possono dividere, come le case, tutti gli eredi diventeranno proprietari ciascuno per la propria quota oppure si procede alla vendita del bene ed alla successiva suddivisione del ricavato.

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Diritti coppie gay e unione civile: la pensione indiretta in caso di morte del partner non pensionato

Oltre alla pensione di reversibilità, la celebrazione dell’unione civile concede alle coppie gay svariati diritti quali la pensione indiretta in caso di morte del partner non pensionato.

La pensione di reversibilità, infatti, è lo strumento che serve a tutelare il coniuge superstite nel caso in caso di morte dell’altro quando quest’ultimo sia già pensionato.

Con la Legge Cirinnà e con i successivi decreti attuativi dell’unione civile, l’applicazione di tale strumento di tutela è stata estesa anche nel caso di coppie omosessuali unite civilmente.

Ma cosa accade quando la persona deceduta non percepisce ancora una pensione? 

Dobbiamo subito chiarire che, in caso di morte del lavoratore, sono previste prestazioni economiche in favore del coniuge, o del partner unito civilmente, anche nel caso in cui il lavoratore non percepiva ancora una pensione ma aveva comunque raggiunto alcuni livelli contributivi previsti dalla legge.

La pensione indiretta: cos’è e quali quote sono previste per il superstite

 

È la prestazione economica prevista in favore del coniuge, o del partner unito civilmente, del lavoratore defunto nel caso in cui quest’ultimo non abbia raggiunto il diritto ad ottenere la pensione ma possa vantare, al momento del decesso, almeno 780 settimane di contributi oppure 260 settimane di contributi di cui almeno 156 nel quinquennio antecedente la data del decesso.

Come la reversibilità, la pensione indiretta spetta a partire dal primo giorno del mese successivo a quello in cui è avvenuta la morte del congiunto a prescindere dal momento in cui viene presentata la domanda e i beneficiari posso essere anche i figli minori, disabili o studenti universitari se a carico del genitore, oppure i nipoti che alla morte del nonno o della nonna erano a loro totale carico (in mancanza anche i genitori che abbiano più di 65 anni e non siano titolari di pensione, o ai fratelli e sorelle se inabili e a carico).

La somma erogata a favore di chi ha diritto è calcolata sulla base di una percentuale della “pensione” maturata e, a titolo puramente orientativo, corrisponde al 60% se il beneficiario è il solo coniuge, o il solo partner unito civilmente (che giuridicamente è equiparato al coniuge), al 70% se il beneficiario è solo un figlio, all’80% se sono presenti il coniuge (o il partner) ed un figlio e al 100% se vi è il coniuge (o il partner) con due o più figli.

Indennità per morte versata in un’unica soluzione

 

Quando il lavoratore deceduto non ha raggiunto i requisiti per ottenere la pensione e neppure i limiti contributivi previsti per l’accesso alla pensione indiretta, ai suoi familiari spetta solo un’indennità erogata una sola volta, solitamente determinata moltiplicando il valore dell’assegno sociale per il numero di anni di contribuzione effettivamente versati dal familiare scomparso. In questo caso la domanda va presentata entro un anno dalla morte pena la perdita del diritto.

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Coppie omosessuali e unione civile: tutela economica in caso di morte del partner

Dopo tanta attesa alle coppie omosessuali è stata riconosciuta la tutela economica in caso di morte del partner a seguito della celebrazione dell’unione civile.

Per capire la portata di questa importante novità possiamo partire da un esempio concreto molto esemplificativo. Un legame profondo lega da molti anni due uomini non più giovanissimi, entrambi hanno alle spalle una vita molto diversa da quella che stanno ora trascorrendo insieme: in particolare uno ha avuto due figli dalla ex moglie, da cui – dopo otto anni di matrimonio – si prima separato e, poi, divorziato.

Il primo è rimasto sempre scapolo e disoccupato, mentre l’altro, professore di scuola media – ora in pensione – ha attraversato un percorso di consapevolezza della propria omosessualità più tortuoso ed ha tagliato ogni contatto con ex moglie e figli che, dal canto loro, hanno vissuto l’outing del marito e padre come un tradimento non accettabile. Per rifarsi una vita i due hanno deciso di trasferirsi all’estero, forti di qualche risparmio e della pensione da insegnante.

Per un malore improvviso il professore in pensione muore, lasciando il compagno solo nel dolore per la perdita dell’amore di una vita ma anche privo di una importante fonte di sostentamento. I due uomini, infatti, non avevano mai ratificato la loro unione “di fatto” attraverso l’unione civile, così da ritrovarsi senza alcuna tutela legale. Tale mancanza di tutela economica per il compagno superstite, potrebbe risultare ancora più penalizzante, non avendo infatti il de cuius, ossia in questo caso il pensionato defunto, predisposto in vita alcun testamento al fine di lasciare parte dei propri beni al partner.

A chi spetta la pensione di reversibilità

 

Quando la famiglia di “primo letto” non ha intenzione di dare un valore morale alla semplice convivenza “di fatto” mediante uno spontaneo e altruistico aiuto, in quanto giuridicamente non dovuto, il compagno superstite potrebbe trovarsi in grosse difficoltà economiche, non potendo neppure accedere allo strumento di tutela riconosciuto dalla legge in tema di pensione di reversibilità.

La pensione di reversibilità infatti permette di ricevere il pagamento di una percentuale del trattamento pensionistico di un soggetto deceduto, la quale di norma spetta: al coniuge anche separato o divorziato, se la separazione è avvenuta senza pronuncia di addebito e se titolare di un assegno di mantenimento o divorzile, al partner di una unione civile, o ai figli del defunto qualora alla data della morte del genitore siano minorenni, inabili, studenti o universitari tra 18 e 26 anni, e a carico del de cuius, ai nipoti minori se a carico degli ascendenti.

In assenza di questi, la pensione di reversibilità va generalmente ai genitori purché ultra sessantacinquenni, non titolari di pensione e che alla data di morte siano a carico del de cuius, infine ai fratelli ed alle sorelle se inabili non titolari di pensione e a carico del de cuius.

L’INSP, a seguito dell’entrata in vigore della Legge Cirinnà, ha emanato la circolare n. 5171/2016, con la quale ha equiparato i coniugi alle persone dello stesso sesso unite civilmente permettendo, quindi, il riconoscimento del diritto alla pensione di reversibilità anche a questi ultimi.

La pensione viene riconosciuta anche al partner unito civilmente

 

Il superstite della coppia omosessuale solo se unito civilmente, essendo parificato al coniuge, ha diritto a una percentuale della pensione di reversibilità di chi è scomparso. La percentuale varia a seconda di vari fattori come, ad esempio, il fatto che sia presente solo il partner, oppure oltre al partner anche un figlio a carico del de cuius oppure più figli a carico del de cuius ecc..

Nel caso che abbiamo trattato, invece, nulla spetterà al partner dato che lui e l’ex insegnante non avevano regolamentato la loro unione civile, risultando una semplice coppia “di fatto”.

È utile precisare, infine, che il diritto a percepire un’indennità economica per il compagno superstite spetta anche nel caso in cui il defunto non abbia ancora ottenuto il pensionamento, quindi anche nei casi in cui la persona muoia in età meno avanzata, purché il lavoratore abbia maturato determinati livelli contributivi.

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