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Diritti coppie gay e unione civile: la pensione indiretta in caso di morte del partner non pensionato

Oltre alla pensione di reversibilità, la celebrazione dell’unione civile concede alle coppie gay svariati diritti quali la pensione indiretta in caso di morte del partner non pensionato.

La pensione di reversibilità, infatti, è lo strumento che serve a tutelare il coniuge superstite nel caso in caso di morte dell’altro quando quest’ultimo sia già pensionato.

Con la Legge Cirinnà e con i successivi decreti attuativi dell’unione civile, l’applicazione di tale strumento di tutela è stata estesa anche nel caso di coppie omosessuali unite civilmente.

Ma cosa accade quando la persona deceduta non percepisce ancora una pensione? 

Dobbiamo subito chiarire che, in caso di morte del lavoratore, sono previste prestazioni economiche in favore del coniuge, o del partner unito civilmente, anche nel caso in cui il lavoratore non percepiva ancora una pensione ma aveva comunque raggiunto alcuni livelli contributivi previsti dalla legge.

La pensione indiretta: cos’è e quali quote sono previste per il superstite

 

È la prestazione economica prevista in favore del coniuge, o del partner unito civilmente, del lavoratore defunto nel caso in cui quest’ultimo non abbia raggiunto il diritto ad ottenere la pensione ma possa vantare, al momento del decesso, almeno 780 settimane di contributi oppure 260 settimane di contributi di cui almeno 156 nel quinquennio antecedente la data del decesso.

Come la reversibilità, la pensione indiretta spetta a partire dal primo giorno del mese successivo a quello in cui è avvenuta la morte del congiunto a prescindere dal momento in cui viene presentata la domanda e i beneficiari posso essere anche i figli minori, disabili o studenti universitari se a carico del genitore, oppure i nipoti che alla morte del nonno o della nonna erano a loro totale carico (in mancanza anche i genitori che abbiano più di 65 anni e non siano titolari di pensione, o ai fratelli e sorelle se inabili e a carico).

La somma erogata a favore di chi ha diritto è calcolata sulla base di una percentuale della “pensione” maturata e, a titolo puramente orientativo, corrisponde al 60% se il beneficiario è il solo coniuge, o il solo partner unito civilmente (che giuridicamente è equiparato al coniuge), al 70% se il beneficiario è solo un figlio, all’80% se sono presenti il coniuge (o il partner) ed un figlio e al 100% se vi è il coniuge (o il partner) con due o più figli.

Indennità per morte versata in un’unica soluzione

 

Quando il lavoratore deceduto non ha raggiunto i requisiti per ottenere la pensione e neppure i limiti contributivi previsti per l’accesso alla pensione indiretta, ai suoi familiari spetta solo un’indennità erogata una sola volta, solitamente determinata moltiplicando il valore dell’assegno sociale per il numero di anni di contribuzione effettivamente versati dal familiare scomparso. In questo caso la domanda va presentata entro un anno dalla morte pena la perdita del diritto.

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Coppie omosessuali e unione civile: tutela economica in caso di morte del partner

Dopo tanta attesa alle coppie omosessuali è stata riconosciuta la tutela economica in caso di morte del partner a seguito della celebrazione dell’unione civile.

Per capire la portata di questa importante novità possiamo partire da un esempio concreto molto esemplificativo. Un legame profondo lega da molti anni due uomini non più giovanissimi, entrambi hanno alle spalle una vita molto diversa da quella che stanno ora trascorrendo insieme: in particolare uno ha avuto due figli dalla ex moglie, da cui – dopo otto anni di matrimonio – si prima separato e, poi, divorziato.

Il primo è rimasto sempre scapolo e disoccupato, mentre l’altro, professore di scuola media – ora in pensione – ha attraversato un percorso di consapevolezza della propria omosessualità più tortuoso ed ha tagliato ogni contatto con ex moglie e figli che, dal canto loro, hanno vissuto l’outing del marito e padre come un tradimento non accettabile. Per rifarsi una vita i due hanno deciso di trasferirsi all’estero, forti di qualche risparmio e della pensione da insegnante.

Per un malore improvviso il professore in pensione muore, lasciando il compagno solo nel dolore per la perdita dell’amore di una vita ma anche privo di una importante fonte di sostentamento. I due uomini, infatti, non avevano mai ratificato la loro unione “di fatto” attraverso l’unione civile, così da ritrovarsi senza alcuna tutela legale. Tale mancanza di tutela economica per il compagno superstite, potrebbe risultare ancora più penalizzante, non avendo infatti il de cuius, ossia in questo caso il pensionato defunto, predisposto in vita alcun testamento al fine di lasciare parte dei propri beni al partner.

A chi spetta la pensione di reversibilità

 

Quando la famiglia di “primo letto” non ha intenzione di dare un valore morale alla semplice convivenza “di fatto” mediante uno spontaneo e altruistico aiuto, in quanto giuridicamente non dovuto, il compagno superstite potrebbe trovarsi in grosse difficoltà economiche, non potendo neppure accedere allo strumento di tutela riconosciuto dalla legge in tema di pensione di reversibilità.

La pensione di reversibilità infatti permette di ricevere il pagamento di una percentuale del trattamento pensionistico di un soggetto deceduto, la quale di norma spetta: al coniuge anche separato o divorziato, se la separazione è avvenuta senza pronuncia di addebito e se titolare di un assegno di mantenimento o divorzile, al partner di una unione civile, o ai figli del defunto qualora alla data della morte del genitore siano minorenni, inabili, studenti o universitari tra 18 e 26 anni, e a carico del de cuius, ai nipoti minori se a carico degli ascendenti.

In assenza di questi, la pensione di reversibilità va generalmente ai genitori purché ultra sessantacinquenni, non titolari di pensione e che alla data di morte siano a carico del de cuius, infine ai fratelli ed alle sorelle se inabili non titolari di pensione e a carico del de cuius.

L’INSP, a seguito dell’entrata in vigore della Legge Cirinnà, ha emanato la circolare n. 5171/2016, con la quale ha equiparato i coniugi alle persone dello stesso sesso unite civilmente permettendo, quindi, il riconoscimento del diritto alla pensione di reversibilità anche a questi ultimi.

La pensione viene riconosciuta anche al partner unito civilmente

 

Il superstite della coppia omosessuale solo se unito civilmente, essendo parificato al coniuge, ha diritto a una percentuale della pensione di reversibilità di chi è scomparso. La percentuale varia a seconda di vari fattori come, ad esempio, il fatto che sia presente solo il partner, oppure oltre al partner anche un figlio a carico del de cuius oppure più figli a carico del de cuius ecc..

Nel caso che abbiamo trattato, invece, nulla spetterà al partner dato che lui e l’ex insegnante non avevano regolamentato la loro unione civile, risultando una semplice coppia “di fatto”.

È utile precisare, infine, che il diritto a percepire un’indennità economica per il compagno superstite spetta anche nel caso in cui il defunto non abbia ancora ottenuto il pensionamento, quindi anche nei casi in cui la persona muoia in età meno avanzata, purché il lavoratore abbia maturato determinati livelli contributivi.

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Uno strumento poco conosciuto: l’Assegno successorio, cos’è e a chi spetta

Quando l’ex coniuge muore, il coniuge divorziato perde il diritto all’assegno divorzile che fino a quel momento percepiva. E non solo: il divorzio, cancellando lo status coniugale, cancella anche tutti i diritti successori. Non importa quanto a lungo sia durata la relazione, l’ex non rientra più tra gli eredi legittimi.

Oltre al dolore per la perdita di una persona che comunque ha avuto un ruolo significativo nella propria vita, il coniuge divorziato potrebbe ritrovarsi nella condizione di non riuscire più a far fronte alle normali spese quotidiane. Quando si perde l’assegno divorzile, magari rimasto l’unica fonte di reddito, i costi della casa, le spese mediche e persino quelle alimentari potrebbero seriamente diventare difficili da pagare.

In casi come questi, la legge prevede che al coniuge divorziato possa però essere riconosciuto un assegno successorio. Si tratta di un assegno a carico dell’eredità che quindi viene versato all’ex coniuge dagli eredi. E’ però necessario che l’ex coniuge si trovi in stato di bisogno: deve cioè trovarsi in condizioni economiche tali da non poter far fronte alle esigenze primarie ed essenziali di vita.

Richiesta e quantificazione

Per ottenere l’assegno successorio, il coniuge divorziato dovrà rivolgersi al Tribunale e farne richiesta. Il Giudice, dopo aver verificato il caso concreto, calcolerà la somma tenendo in considerazione diversi fattori, tra i quali, l’entità dell’eredità, il numero degli eredi e le loro condizioni economiche.

Difficilmente gli eredi potranno opporsi. Nemmeno se si tratta della nuova famiglia formatasi dopo il divorzio come nel caso di coniuge sposato in seconde nozze o di figli di “secondo letto”.

È importante però sottolineare che se nel tempo cambiano le condizioni economiche – tanto dell’ex coniuge divorziato, quanto degli eredi – potrà variare anche l’ammontare dell’assegno. Allo stesso modo, il diritto all’assegno successorio potrebbe venire meno se l’ex coniuge divorziato si risposasse o se cessasse il suo stato di bisogno, condizione fondamentale per poterlo ottenere.

Il divorziato che si trovi nella condizione di veder mancare improvvisamente l’ex coniuge, e con lui l’assegno di mantenimento, ha quindi a disposizione molteplici strumenti per poter fra fronte autonomamente ai proprio bisogni economici, o quantomeno a quelli di primaria necessità.

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Per il coniuge divorziato non vale il detto “finché morte non ci separi”

Spesso si evita di parlarne perché in fondo son pensieri che è meglio allontanare. Ma alcune volte dopo la fine di un matrimonio, dopo aver regolato tutti i rapporti, ci si trova a pensare a cosa succede se l’ex coniuge muore, o ancora a quali sono possano essere i diritti del coniuge divorziato rimasto in vita oppure cosa succede se nel frattempo l’ex coniuge si è risposato.

Con il divorzio, ex marito ed ex moglie sono a tutti gli effetti liberi di ricostruirsi una nuova vita. Ecco quindi che si materializza l’ipotesi che ciascuno dei due decida di rifarsi una famiglia. In questa eventualità subentrano quindi, all’interno delle dinamiche tra i due ex, nuove figure, con relativi diritti e doveri. Ma anche in presenza di eventuali nuovi compagni o figli nati in seconde nozze, è bene sottolineare che non vengono meno i diritti economici dell’ex coniuge.

Ad esempio, in questi casi l’ex coniuge mantiene il diritto all’assegno di mantenimento che potrebbe però essere revisionato. Alcuni diritti della prima moglie valgono sia finché l’ex marito è in vita, sia dopo la sua morte. Nel caso in cui l’ex venisse a mancare, per esempio, ha il diritto di chiedere una quota della pensione di reversibilità.

Pensione di reversibilità, presupposti

Il nostro ordinamento stabilisce che la pensione di reversibilità spetta, alla morte del lavoratore pensionato, ai suoi familiari tra i quali vengono ricomprese sia l’eventuale coniuge superstite sia l’ex.

Ci sono però due condizioni che l’ex coniuge deve rispettare per poter ottenere la pensione di reversibilità: non deve essersi risposato e deve essere titolare di un assegno di divorzio periodico.

Per quanto ostile o ingombrante possa sembrare, il coniuge divorziato continua ad avere un peso nella vita del proprio ex e della nuova eventuale famiglia. Il nuovo marito o la nuova moglie dell’ex non possono opporsi a che il coniuge divorziato percepisca la sua quota di pensione di reversibilità, qualora l’ex dovesse venire a mancare in quanto si tratta di un diritto riconosciuto a chi ha condiviso una parte di vita, più o meno duratura, con il defunto. Non si pensi ad una facile estromissione del coniuge divorziato, perché nel caso in cui venisse estromesso potrà citare in giudizio il nuovo coniuge al fine di vedersi riconosciuto il diritto a ricevere la propria quota.

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