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Fecondazione Assistita differenze dopo la diagnosi preimpianto

La diagnosi preimpianto ha introdotto alcune importanti differenze nelle procedure di fecondazione assistita soprattutto per quelle coppie portatrici di malattie genetiche o malattie rare.

Per alcune coppie cercare di avere un figlio si può rivelare una strada in salita. Le cause di sterilità sono molteplici e, secondo svariati studi scientifici, sono statisticamente in aumento nella civiltà occidentale. Se le cure mediche risultano infruttuose l’ultima speranza per coronare il desiderio di maternità può risultare la fecondazione assistita. Esistono, purtroppo, coppie affette da infertilità totale, che non possono procreare con i propri gameti (cellule sessuali) neppure grazie all’intervento sanitario. Altre ancora che temono di trasmettere al feto gravi malattie genetiche di cui sono portatori.

Il diritto a procreare

Proprio per tutelare il “diritto a procreare” di queste coppie, negli ultimi anni sono state modificate varie volte le leggi in vigore che prima erano altamente limitative nell’utilizzo di rimedi scientifici per gli affetti da grave sterilità.

Il divieto più importante che è stato abbattuto è quello relativo fecondazione eterologa, che prevede l’utilizzo di gameti di donatori estranei alla coppia che accede all’iter. Successivamente la Corte Costituzionale ha fatto cadere il divieto che impediva alle coppie, con gravi patologie genetiche trasmissibili al nascituro, l’accesso alle tecniche di fecondazione assistita con diagnosi preimpianto.

Prima della sentenza n. 96/2015 queste coppie potevano iniziare l’iter di fecondazione assistita ma i medici non potevano svolgere esami strumentali sui singoli embrioni per scoprire l’esistenza di gravi malattie geneticamente trasmissibili così da far scegliere alla coppia di non provvedere all’impianto. In tal modo gli aspiranti genitori, già angosciati al pensiero di poter trasmettere una gravissima malattia al proprio figlio, erano costretti ad attendere svariati mesi per sottoporre il feto agli esami prenatali necessari, e spesso molto invasivi (amniocentesi, villocentesi ecc.), trovandosi a sopportare, in casi negativi, il trauma di un’interruzione di gravidanza.

Con la diagnosi preimpianto almeno questo step logorante potrà essere eliminato.

Cosa cambia con la diagnosi preimpianto

 I medici, grazie alla diagnosi preimpianto potranno esaminare il patrimonio genetico dell’embrione prima della fecondazione evitando di prolungare le lungaggini, le attese e le paure con le quali si era costretti a convivere fino all’esito degli esami clinici sul feto. Ovviamente la possibilità di accesso alla diagnosi preimpianto sarà concessa solo alle coppie portatrici – in modo accertato – di gravissime patologie geneticamente trasmissibili. La verifica dovrà essere svolta da strutture sanitarie certificate e sarà compito del legislatore introdurre apposite disposizioni per l’individuazione delle malattie che verranno considerate idonee a consentire l’accesso al protocollo.

Sarebbe ottimale, infine, inserire l’obbligo di accertamento a carico del servizio pubblico in modo da evitare disparità economiche tra le coppie più o meno abbienti.

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