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Rivoluzione nelle unioni civili: in Colombia la prima famiglia gay a tre

Nasce la famiglia poliamorosa: tre mariti e una “famiglia”

Proprio quando in Italia si stanno affermando le unioni civili, in Colombia, nella città di Medellin, è stato celebrato un matrimonio gay. Nulla di strano se non fosse che le persone che si sono sposate sono tre e non due.

L’intenzione dei tre uomini era quella di ufficializzare dal punto di vista legale la loro “famiglia”. Così ne è nata una trieja: il termine è stato appena coniato e deriva da pareja che significa coppia.

Questa unione civile è stata definita poliamorosa perché riguarda i sentimenti di tre persone e potrà portare all’apertura di altre “trieje” forse con due uomini e una donna o viceversa.

Quali sono i risvolti della famiglia poliamorosa?

In Italia non esiste alcuna possibilità di formare una “famiglia” di questo tipo ma è interessante capire che cosa possa succedere dal punto di vista legale per i tre partner, ora sposati. Fondamentalmente il matrimonio a tre in Colombia avrà le stesse regole di quello con due persone e pertanto in caso di separazione o di decesso di uno dei tre, gli altri potranno accedere alla pensione o procedere con la separazione dei beni.

I problemi si triplicano

Sarà interessante seguire i risvolti di questa storia e di quelle a venire anche perché ci si chiede cosa possa succedere se un partner sia intenzionato a separarsi solo da uno e non dall’altro amante, oppure se uno dei tre ha un figlio biologico e decide di separarsi, quale sarà il ruolo per gli altri due padri?

Questa notizia apre la strada a svariate forme di “famiglie” legalizzate, ampliando ancora di più il concetto di famiglia.

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Unione Civile e diritti sul lavoro: si a congedo matrimoniale e permesso assistenziale anche alle coppie gay

L’unione civile permette alle coppie gay di ottenere alcuni diritti per quanto riguarda il lavoro: stiamo parlando, in particolare, di congedo matrimoniale e permesso assistenziale per il partner.

La maggior parte delle coppie omosessuali che sta per costituire una unione civile vive questo momento con la trepidazione, l’attesa e l’emozione di un vero e proprio matrimonio. Ed infatti, indipendentemente dal nome scelto dalla Legge, dietro la scelta di unirsi civilmente c’è la volontà di ufficializzare un legame affettivo con un patto che non abbia mai fine.

In questi mesi, giornali, settimanali, siti internet e programmi televisivi hanno dedicato ampi spazi alle storie di coppie LGBT e al giorno fatidico dell’unione civile concentrandosi, come è naturale che sia, sull’aspetto sentimentale e romantico. Tuttavia è anche importante conoscere alcuni aspetti più pratici e di tutela che sono stati regolati dalla Legge Cirinnà.

La parità di diritti anche in ambito lavorativo

Pensiamo ad una coppia lesbica nella quale una è impiegata in un’azienda a tempo indeterminato mentre l’altra è disoccupata. Le due decidono di celebrare l’unione civile con una grande festa che coinvolge amici e parenti ma non sono molto informate sui diritti che la dipendente ha in ambito lavorativo, anche in considerazione del fatto che una delle due non è occupata.

In primo luogo è opportuno sapere che il lavoratore ha diritto a godere del c.d. congedo matrimoniale, ossia della possibilità di assentarsi dal posto di lavoro per 15 giorni retribuiti in un arco di tempo che varia a seconda del Contratto Collettivo applicato al contratto d’assunzione. Si pensi, ad esempio, al caso in cui il lavoratore ha necessità di curare e assistere il proprio partner.

Per il mondo omosessuale questa “conquista” è stata molto sentita anche perché equipara nei fatti l’unione civile al matrimonio anche agli occhi di datori di lavoro e colleghi: il luogo di lavoro infatti costituisce la vita reale di tutti i giorni dove – purtroppo, in alcuni casi – più forti, finora, sono state le discriminazioni rispetto alle coppie eterosessuali.

In caso di disoccupazione di una delle due, inoltre, viene riconosciuto il diritto alla detrazione fiscale prevista dall’art. 12 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR) ed inoltre si potrebbe anche aver diritto all’assegno familiare per il coniuge a carico che, in questo caso, viene applicato analogicamente anche al partner dell’unione civile.

Il riconoscimento dei permessi di natura assistenziale

Se pensiamo che fino ad un anno fa queste agevolazioni non esistevano, possiamo comprendere il motivo per cui le coppie omosessuali vivono questa equiparazione come una conquista importantissima.

Ma vi è di più. Se nella coppia lesbica ci fosse un disabile o un malato grave la Legge permetterebbe all’altra parte unita civilmente, regolarmente occupata, di godere dei tre giorni di permesso mensile retribuiti previsti per i lavoratori dalla Legge n. 104/92 al fine di assistere il familiare, come anche di godere del congedo biennale previsto dalla legge n. 151/01 in caso di grave infermità del coniuge o del partner convivente. Nello stesso modo la lavoratrice superstite potrebbe usufruire del permesso di tre giorni retribuiti in caso di decesso della convivente unita civilmente.

Inoltre, a seguito della costituzione dell’unione civile, sorgeranno diritti e tutele anche in relazione al TFR della lavoratrice. Infatti, tra le novità della Legge c’è la parificazione dei diritti del coniuge al partner: pertanto il partner superstite avrà diritto alla corresponsione del TFR in caso di decesso della compagna, ma anche a seguito dello scioglimento dell’unione civile ci sarà – in certi casi – l’obbligo della lavoratrice di versare parte del proprio TFR alla compagna.

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Diritti coppie gay e unione civile: la pensione indiretta in caso di morte del partner non pensionato

Oltre alla pensione di reversibilità, la celebrazione dell’unione civile concede alle coppie gay svariati diritti quali la pensione indiretta in caso di morte del partner non pensionato.

La pensione di reversibilità, infatti, è lo strumento che serve a tutelare il coniuge superstite nel caso in caso di morte dell’altro quando quest’ultimo sia già pensionato.

Con la Legge Cirinnà e con i successivi decreti attuativi dell’unione civile, l’applicazione di tale strumento di tutela è stata estesa anche nel caso di coppie omosessuali unite civilmente.

Ma cosa accade quando la persona deceduta non percepisce ancora una pensione? 

Dobbiamo subito chiarire che, in caso di morte del lavoratore, sono previste prestazioni economiche in favore del coniuge, o del partner unito civilmente, anche nel caso in cui il lavoratore non percepiva ancora una pensione ma aveva comunque raggiunto alcuni livelli contributivi previsti dalla legge.

La pensione indiretta: cos’è e quali quote sono previste per il superstite

 

È la prestazione economica prevista in favore del coniuge, o del partner unito civilmente, del lavoratore defunto nel caso in cui quest’ultimo non abbia raggiunto il diritto ad ottenere la pensione ma possa vantare, al momento del decesso, almeno 780 settimane di contributi oppure 260 settimane di contributi di cui almeno 156 nel quinquennio antecedente la data del decesso.

Come la reversibilità, la pensione indiretta spetta a partire dal primo giorno del mese successivo a quello in cui è avvenuta la morte del congiunto a prescindere dal momento in cui viene presentata la domanda e i beneficiari posso essere anche i figli minori, disabili o studenti universitari se a carico del genitore, oppure i nipoti che alla morte del nonno o della nonna erano a loro totale carico (in mancanza anche i genitori che abbiano più di 65 anni e non siano titolari di pensione, o ai fratelli e sorelle se inabili e a carico).

La somma erogata a favore di chi ha diritto è calcolata sulla base di una percentuale della “pensione” maturata e, a titolo puramente orientativo, corrisponde al 60% se il beneficiario è il solo coniuge, o il solo partner unito civilmente (che giuridicamente è equiparato al coniuge), al 70% se il beneficiario è solo un figlio, all’80% se sono presenti il coniuge (o il partner) ed un figlio e al 100% se vi è il coniuge (o il partner) con due o più figli.

Indennità per morte versata in un’unica soluzione

 

Quando il lavoratore deceduto non ha raggiunto i requisiti per ottenere la pensione e neppure i limiti contributivi previsti per l’accesso alla pensione indiretta, ai suoi familiari spetta solo un’indennità erogata una sola volta, solitamente determinata moltiplicando il valore dell’assegno sociale per il numero di anni di contribuzione effettivamente versati dal familiare scomparso. In questo caso la domanda va presentata entro un anno dalla morte pena la perdita del diritto.

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