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Quali sono i diritti e i doveri che nascono dal matrimonio per moglie e marito | Conseguenze giuridiche

Dal matrimonio nascono precisi diritti e doveri per moglie e marito per i quali pronunciare il fatidico SI significa iniziare una nuova vita a due, un’unione che possa durare per sempre e permetta loro di costruire una famiglia. Non rispettare questi doveri comporta importanti conseguenze giuridiche.

Il matrimonio, infatti, è un vero e proprio contratto che si occupa anche di regolare in maniera precisa i rapporti tra i coniugi e, principalmente, i diritti e doveri di moglie e marito che sono uguali davanti alla legge.

Questa importante parificazione, già riconosciuta dalla Costituzione, è stata recepita definitivamente con la Riforma del diritto di famiglia del 1975, che ha adeguato la normativa precedente eliminando alcuni elementi che, nella legislazione pre-riforma, stabilivano una disciplina favorevole al marito rispetto che alla moglie (per fare un esempio potremmo citare la normativa sull’adulterio che era considerato reato per la moglie ma non per il marito).

Doveri matrimoniali di moglie e marito: elenco

 

Il primo dovere coniugale è l’obbligo alla fedeltà: la fedeltà non è intesa solo a livello fisico, ma anche morale. L’obbligo di non tradire la moglie o il marito si estende quindi dalla sola sfera sessuale a quella morale. Il secondo dovere che i coniugi devono rispettare è quello della reciproca assistenza materiale e morale: la coppia si deve impegnare a fornire supporto l’una all’altro sia a livello economico sia a livello morale. I coniugi, infine, devono contribuire ai bisogni della famiglia, in misura proporzionale alle proprie possibilità. In ultimo il matrimonio impone il dovere alla collaborazione reciproca e, seppure in via attenuata date le realtà sociologiche degli ultimi anni, il dovere alla coabitazione.

 

Doveri matrimoniali e conseguenze giuridiche

Al di là dell’ovvia valenza morale questi doveri hanno anche una precisa validità giuridica: la loro violazione comporta infatti conseguenze come l’addebito della separazione e il risarcimento del danno a carico del coniuge che non li rispetta. Se si ritiene che l’altro coniuge non tenga fede ai suoi doveri coniugali, oltre all’ovvio tentativo di chiarimento reciproco, è possibile in prima battuta inviare un richiamo tramite il proprio Avvocato per convincere il coniuge a cambiare atteggiamento. Se non c’è alcuna volontà di collaborazione, è possibile rivolgersi al Tribunale e avviare un’azione giudiziaria per fare in modo che sia il Giudice ad indicare la strada migliore per il bene della famiglia. Nel caso in cui la crisi sia irrevocabile si dovrà, invece, procedere con la separazione.

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Cosa sono le unioni civili | Diritti e doveri che nascono dall’unione civile

Cosa sono le unioni civili e quali diritti e doveri nascono dalla loro celebrazione. Sono questi alcuni degli interrogativi più frequenti che sorgono dopo l’approvazione della Legge Cirinnà.

Precisiamo subito che l’unione civile è costituita da una coppia di persone dello stesso sesso, quindi da una coppia omosessuale, gay o lesbica.

COSTITUZIONE DELL’UNIONE CIVILE (come si costituiscono le unioni civili?)

Si costituisce attraverso una semplice dichiarazione all’Ufficiale di stato civile, alla presenza di due testimoni.

COGNOME COMUNE (con la dichiarazione di costituzione dell’unione civile è possibile cambiare cognome?)

I partner, con una dichiarazione all’Ufficiale di stato civile, possono anche stabilire se assumere, per la durata della loro unione, un cognome comune scegliendo tra i loro cognomi. La parte può anteporre o posporre al cognome comune il proprio cognome, se diverso.

REGIME PATRIMONIALE – COMUNIONE DEI BENI (qual è il regime patrimoniale delle unioni civili?)

Il regime patrimoniale ordinario è la comunione dei beni, a meno che le parti pattuiscano una diversa convenzione patrimoniale come la separazione dei beni. I partner in alternativa alla comunione potranno optare per la comunione convenzionale, potranno costituire un fondo patrimoniale o potranno condurre una impresa familiare.

OBBLIGHI RECIPROCI (quali sono gli obblighi nelle unioni civili?)

Dall’unione civile deriva:

l’obbligo reciproco di assistenza morale e materiale;

l’obbligo per entrambe le parti, ciascuna in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia;

l’obbligo di coabitazione;

l’obbligo di concordare l’indirizzo della vita familiare e di fissare la residenza comune.

A differenza di quanto previsto nel matrimonio, non c’è l’obbligo di fedeltà.

VITA FAMILIARE – RESIDENZA COMUNE (chi decide la residenza nelle unioni civili?)

Le parti concordano tra loro l’indirizzo della vita familiare e fissano la residenza comune; a ciascuna delle parti spetta il potere di attuare l’indirizzo concordato.

SUCCESSIONE – EREDITA’ (nelle unioni civili il partner ha diritto all’eredità?)

Nell’unione civile il partner superstite è erede legittimo necessario, quindi succede al partner defunto anche in assenza di testamento e, per legge, ha diritto ad una quota dell’eredità di quest’ultimo. In caso di testamento, la legge prevede a favore del partner superstite una quota di legittima che non può essere violata dalle disposizioni testamentarie. Quando infatti la quota di legittima dovesse essere violata dal de cuius ossia del partner defunto, per effetto di atti di disposizione, o di donazioni, oppure in caso di testamento, il partner superstite potrà agire per il riconoscimento integrale della propria inviolabile quota di legittima.

SUCCESSIONE – PENSIONE DI REVERSIBILITA’ (nelle unioni civili il partner ha diritto alla pensione di reversibilità?)

Il partner superstite ha diritto alla pensione di reversibilità del partner lavoratore defunto. Qualora invece vi sia stato lo scioglimento dell’unione spetta la pensione di reversibilità solo se l’ex partner superstite già riceveva un assegno di mantenimento stabilito con lo scioglimento, e sempre che non si sposi o non costituisca una nuova unione civile o non inizi una effettiva e stabile convivenza more uxorio tale da dar vita ad una vera e propria famiglia di fatto.

SUCCESSIONE – TFR (nelle unioni civili il partner ha diritto al TFR?)

Il partner superstite ha diritto al TFR (Trattamento di Fine Rapporto) del partner lavoratore defunto.

SUCCESSIONE – CONTRATTO DI LOCAZIONE DELLA CASA (alla morte del partner, si può succedere nel contratto di affitto della casa?)

In caso di morte dell’intestatario del contratto di locazione (c.d. conduttore), il partner superstite subentra nel contatto di locazione della casa di residenza familiare.

SUCCESSIONE – DIRITTO DI ABITAZIONE DELLA CASA DI PROPRIETÀ (nelle unioni civili, alla morte del partner, si può continuare ad abitare la casa familiare?)

In caso di morte del proprietario, il partner superstite ha diritto di abitazione nella casa di residenza familiare.

ADOZIONI – FILIAZIONE (quando è possibile l’adozione nelle unioni civili?)

la legge sulla unione civile ha espressamente voluto tenere fuori il tema della filiazione: dall’adozione del figlio del partner (stepchild adoption), all’adozione legittimante (nazionale ed internazionale), alle altre modalità di procreazione medicalmente assistita.

Pur se nella legge sull’unione civile non è stato espressamente riconosciuto il diritto di poter adottare il figlio del partner (stepchild adoption), sarà comunque possibile chiedere al Tribunale di valutare il singolo caso concreto per verificare – nel primario interesse del figlio – se ci sono, o meno, i presupposti per l’adottabilità del figlio del partner.

SCIOGLIMENTO VELOCE (ossia il divorzio veloce nelle unioni civili senza passare dalla separazione)

Per incominciare la procedura di scioglimento dell’unione civile è necessario che le parti manifestano la volontà di scioglimento, con dichiarazione davanti all’Ufficiale dello stato civile. La dichiarazione può anche essere fatta disgiuntamente e, quindi, anche da uno solo dei due partner. Trascorsi tre mesi si può fare domanda di scioglimento, attraverso tre distinte modalità:

1) se vi è accordo, con un ricorso congiunto di entrambi i partner al Tribunale oppure, se non c’è accordo, con un ricorso giudiziale promosso da un solo partner al Tribunale contro l’altro e, in quest’ultimo caso, incomincerà una causa;

2) con la negoziazione assistita con due avvocati;

3) con un accordo sottoscritto davanti al Sindaco (Ufficiale di stato civile), con l’assistenza facoltativa di un avvocato, e a condizione però che non ci siano figli minorenni, o maggiorenni incapaci o portatori di un grave handicap, o economicamente non autosufficienti (salvo che non si tratti di figli di uno solo dei due partner).

MANTENIMENTO (nelle unioni civili si ha diritto ad un assegno di mantenimento?)

In caso di scioglimento dell’unione, il partner che versi in stato di bisogno e che non abbia la possibilità di provvedere autonomamente al suo mantenimento ha diritto di ricevere dall’altro partner un assegno. L’importo dell’assegno sarà determinato tenendo conto delle condizioni economiche di ciascuna delle parti.

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Diritti e doveri che nascono con una convivenza di fatto registrata | Cosa sono le convivenze di fatto registrate?

Il ddl Cirinnà ha previsto una regolamentazione per le convivenze di fatto registrate che sono costituite da una coppia di fatto composta da persone di sesso diverso (eterosessuale) o dello stesso sesso (omosessuale). La convivenza registrata fa sorgere specifici diritti e doveri in capo ai conviventi.

Si intendono per conviventi di fatto due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità, adozione, da matrimonio o unione civile.

COSTITUZIONE DELLA CONVIVENZA REGISTRATA (come si costituiscono le convivenze di fatto registrate?)

È sufficiente fare una dichiarazione all’Anagrafe della stabile convivenza.

DIRITTI NASCENTI DALLA CONVIVENZA REGISTRATA (quali sono i diritti del convivente in una convivenza di fatto registrata?)

I conviventi di fatto hanno gli stessi diritti spettanti al coniuge in caso di malattia o di ricovero, hanno diritto reciproco di visita, di assistenza e di accesso alle informazioni personali nonché gli stessi diritti spettanti al coniuge nei casi previsti dall’ordinamento penitenziario.

Qualora si abbia una casa di proprietà, in caso di morte del proprietario della casa di comune residenza il convivente di fatto superstite ha diritto di continuare ad abitare nella stessa per due anni o per un periodo pari alla convivenza se superiore a due anni e comunque non oltre i cinque anni. Qualora si abbia, invece, una casa in affitto, nei casi di morte del conduttore o di suo recesso dal contratto di locazione della casa di comune residenza, il convivente di fatto ha facoltà di succedergli nel contratto.

DIRITTI DEL CONVIVENTE NELL’ATTIVITÀ DI IMPRESA

Al convivente di fatto che presti stabilmente la propria opera all’interno dell’impresa dell’altro convivente spetta una partecipazione agli utili dell’impresa familiare ed ai beni acquistati con essi nonché agli incrementi dell’azienda, anche in ordine all’avviamento, commisurata al lavoro prestato. Il diritto di partecipazione non spetta qualora tra i conviventi esista un rapporto di società o di lavoro subordinato.

RAPPORTI PATRIMONIALI E CONTRATTO DI CONVIVENZA (qual è il regime patrimoniale nelle convivenze di fatto registrate?)

Con la convivenza di fatto registrata non si instaura alcun regime patrimoniale automatico, tuttavia i conviventi possono disciplinare i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune con la sottoscrizione di un contratto di convivenza, in forma scritta a pena di nullità, con atto pubblico o scrittura privata, con sottoscrizione autenticata da un notaio o da un avvocato.

Il contratto può contenere: l’indicazione della residenza; le modalità di contribuzione alle necessità della vita in comune, in relazione alle sostanze di ciascuno e alla capacità di lavoro professionale o casalingo; il regime patrimoniale della comunione dei beni come da codice civile. Il regime patrimoniale scelto nel contratto di convivenza può essere modificato in qualunque momento. Il contratto di convivenza non può essere sottoposto a termine o condizione.

SUCCESSIONE – DIRITTO DI ABITAZIONE DELLA CASA DI PROPRIETÀ (nelle convivenze di fatto registrate, alla morte del convivente, si può continuare ad abitare la casa familiare?)

In caso di morte del proprietario della casa di comune residenza, il convivente di fatto superstite ha diritto di continuare ad abitare nella stessa per due anni o per un periodo pari alla convivenza se superiore a due anni e comunque non oltre i cinque anni. Ove nella stessa casa coabitino figli minori o figli disabili del convivente superstite, il medesimo ha diritto di continuare ad abitare nella casa di comune residenza per un periodo non inferiore a tre anni. Il diritto viene meno nel caso in cui il convivente superstite cessi di abitare stabilmente nella casa di comune residenza o in caso si sposi o costituisca una unione civile o qualora inizi una nuova, effettiva e stabile convivenza more uxorio tale da dar vita ad una vera e propria nuova famiglia di fatto

SUCCESSIONE – CONTRATTO DI LOCAZIONE DELLA CASA (nelle convivenze di fatto registrate, alla morte del convivente, si può succedere nel contratto di affitto della casa?)

Nei casi di morte del conduttore o di suo recesso dal contratto di locazione della casa di comune residenza, il convivente ha facoltà di succedergli nel contratto.

SUCCESSIONI – NIENTE EREDITA’ NÉ PENSIONE DI REVERSIBILITÀ’

Nelle unioni di fatto registrate, il partner superstite non ha diritto all’eredità del convivente defunto, fatte salve lecite disposizioni testamentarie, né la reversibilità della pensione.

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Addebito: cos’è e quali sono le conseguenze

Tutti siamo consapevoli che esiste l’amore fiabesco e che il “vissero felici e contenti” non riempie solo le pagine dei libri di favole ma anche la vita di tante coppie normali. Per questo non siamo guastafeste ma semplici osservatori della realtà se prendiamo in considerazione i moltissimi casi di coppie che si lasciano, magari anche piuttosto male. Anni di discussioni fanno dimenticare i momenti felici e lasciano entrambi in uno stato di triste apatia. Pensiamo, per esempio, come si sentirebbe una moglie se il comportamento del marito negli anni diventasse denigratorio, insopportabile ed umiliante anche davanti ai figli. Nonostante gli anni trascorsi insieme, potrebbe scegliere di separarsi, esasperata e psicologicamente provata dal comportamento di lui.

L’addebitabilità della separazione

Se il comportamento volontario e consapevole di uno dei due coniugi genera il clima oggettivamente intollerabile della convivenza, o contrasta con i doveri matrimoniali, e questo sta alla base della richiesta di separazione è possibile che sia accolta una richiesta di addebito a carico di quel coniuge. Deve però esserci una correlazione causa-effetto tra il comportamento manchevole del coniuge e la crisi coniugale. Se infatti la condotta contraria ai doveri coniugali fosse la conseguenza di una crisi già in corso, la separazione verrebbe pronunciata senza addebito. Non solo: la condotta contraria ai doveri matrimoniali deve essere intenzionale e non il frutto di nevrosi o malattie di origine psicotica.

Effetti dell’addebito della separazione

In caso di addebito della separazione ci sono conseguenze importanti per il coniuge che perde il diritto all’assegno di mantenimento ed i diritti successori. In particolare il coniuge avrebbe diritto solo all’assegno alimentare nel caso in cui non avesse mezzi di sostentamento propri. Tale assegno copre solo gli essenziali bisogni di vita a differenza dell’assegno di mantenimento che è parametrato al tenore di vita goduto durante il matrimonio.

I doveri del coniuge

Cosa intendiamo quando parliamo di doveri del coniuge? Quando ci sposiamo, contraiamo cinque doveri nei confronti del coniuge: l’obbligo di fedeltà materiale e morale, l’obbligo all’assistenza, l’obbligo alla collaborazione nell’interesse della famiglia, l’obbligo di contribuzione ai bisogni della famiglia e l’obbligo di coabitazione. Se il comportamento di nostra moglie o di nostro marito viola gravemente gli obblighi matrimoniali causando l’irreparabile rottura dell’unione e la separazione, quest’ultima potrebbe venir addebitata al coniuge responsabile del comportamento contrario ai suoi doveri.

La valutazione viene compiuta dal Giudice in base all’effettiva situazione del nucleo familiare. Questo significa che lo stesso comportamento che in una coppia può causare l’addebito della separazione, in un altro caso può non portare allo stesso risultato.

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Tollerare le mancanze dell’altro non significa rinunciare ai propri diritti

Spesso, quando si parla di mancato rispetto dei doveri coniugali, si tende a pensare all’infedeltà. Ma quello della fedeltà nei confronti del coniuge non è l’unico obbligo che c’è tra due persone sposate. Per esempio marito e moglie dovrebbero contribuire insieme ai bisogni della famiglia e collaborare nel suo interesse. Se, nel corso degli anni, uno dei due viene meno a quest’impegno, causando una crisi irreparabile che porta la coppia a lasciarsi, tale comportamento potrebbe determinare l’addebito della separazione.

Per provare a fare un esempio concreto, potremmo pensare ad una moglie che da qualche anno ha smesso di contribuire, sia materialmente che moralmente, alle necessità familiari. Lavoratrice saltuaria, nei primi anni del matrimonio si è dedicata alla gestione della casa e, dopo la nascita dei figli, alla loro crescita ed educazione. Col tempo, il suo impegno lavorativo è progressivamente calato. Ritenendo insoddisfacente ogni impiego che le veniva proposto, ha finito per autoescludersi dal mercato del lavoro. In parallelo, anche l’apporto all’interno della famiglia si è ridotto considerevolmente. E’ diventata utente abituale di siti internet di gioco d’azzardo, dove spende gran parte del denaro utile a far fronte alle spese domestiche. Il marito, per il bene dei figli e l’amore per la moglie, inconsapevole del suo vizio, ha sopperito a lungo alle mancanze di lei, tollerando la sua apatica condotta. Ha resistito e cercato di salvare a ogni costo il matrimonio, ma venuto a scoprire del vizio del gioco, la classica goccia che fa traboccare il vaso, decide di chiedere la separazione.

L’irrilevanza della tolleranza ai fini dell’addebito della separazione

Il marito potrebbe ottenere la separazione con addebito alla moglie anche se ha tollerato per molto tempo il comportamento di quest’ultima.

La “pazienza” del marito si è basata sulla volontà di salvare a tutti i costi il rapporto con la moglie: è in quest’ottica che ha deciso di mettere davanti ai propri sentimenti quelli della famiglia e dei figli. D’altronde, chi sbaglia potrebbe rendersi conto dell’errore commesso e decidere di rimediare: ecco perché la tolleranza potrebbe essere la soluzione migliore per rimediare a una crisi temporanea. Va da sé che, se nulla cambia da parte del coniuge che ha agito malamente, la sopportazione potrebbe terminare e questo non deve influire sulla possibilità dell’altro coniuge di far valere fino in fondo i propri diritti.

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