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Genitori separati o divorziati: il collocamento del figlio non dipende dal trasferimento in un’altra città

Il trasferimento in un’altra città non determina l’automatica modifica del collocamento del figlio in caso di genitori separati o divorziati o ex conviventi. Il lavoro, gli affetti o il desiderio di cambiare vita: sono tutte motivazioni che possono determinare la scelta di cambiare residenza verso una nuova città o perfino in un’altra nazione. Quando ci sono dei figli, però, questo slancio rischia di subire uno stop.

Quando il cambio di residenza non è concordato

Se i due genitori sono d’accordo, e non trovano ostacolo nella diversa volontà della prole, è tendenzialmente escluso ogni impedimento al trasferimento. Se madre e padre non hanno lo stesso punto di vista, invece, possono sorgere le problematiche.

Vediamo a proposito cosa accadrebbe ad un padre che vive con i due figli avuti dall’ex moglie. I bambini sono stati collocati presso di lui ma affidati anche alla madre, che vive con un nuovo compagno nello stesso quartiere dell’ex marito. I rapporti tra i genitori sono rimasti cordiali e la vicinanza facilita molto la madre, che riesce a vedere i figli quasi quotidianamente.

Il padre, desideroso da tempo di cambiare lavoro, riceve un’offerta molto allettante in un’altra città a pochi chilometri di distanza dalla attuale. Prima di prendere una decisione, che inevitabilmente coinvolgerebbe anche i figli, il padre si confronta con l’ex moglie che si dimostra restia all’idea di un cambio di residenza. Non vuole che i figli lo seguano perché ha paura di non poterli vedere come adesso.

Quando non c’è l’accordo tra padre e madre, pertanto, il genitore che vuole cambiare residenza dovrebbe chiedere l’intervento del Tribunale, il quale dovrebbe valutare se il cambio possa impattare sul diritto di visita dell’altro genitore, ma soprattutto sulla vita dei figli stessi.

Le valutazioni del Giudice sul cambio di residenza

Di per sé, il trasferimento del genitore con cui vivono prevalentemente i figli non implica che debbano andare a vivere con l’altro. Le situazioni devono essere esaminate caso per caso. Gli stessi criteri vengono utilizzati dai Giudici sia in caso di genitori separati o divorziati che in caso di genitori ex conviventi.

In primo luogo il Giudice dovrà valutare se tale spostamento possa turbare o creare disagio ai minori. Cambiare città significa dover abbandonare l’ambiente in cui i bambini sono cresciuti e con esso i parenti, gli amici, la scuola. Il Giudice potrebbe ascoltare i minori proprio per prendere in considerazione le loro posizioni e le loro reazioni rispetto all’idea di un trasferimento.

Si dovrà anche valutare se il cambio di residenza possa compromettere significativamente il rapporto dei figli con l’altro genitore, che potrebbe avere maggiori difficoltà a passare del tempo con i bambini e partecipare alla loro vita quotidiana.

Dopo queste dovute premesse in un caso come quello che abbiamo descritto, data la scarsa distanza tra le due città, è probabile che il Giudice non impedisca il cambio di residenza dei figli. Il diritto di visita della madre, infatti, può essere agevolmente mantenuto o modificato per venire incontro alle nuove esigenze sue e dei minori.

L’impedimento potrebbe essere rappresentato più dall’eventuale disagio dei bambini all’idea di abbandonare la città e la casa in cui sono cresciuti che dall’opposizione della ex.

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Assegnazione della casa familiare in caso di marito e moglie separati o divorziati senza figli

L’assegnazione della casa familiare è un provvedimento che difficilmente viene emesso dal Tribunale in caso di marito e moglie separati o divorziati senza figli. Se non c’è accordo tra i coniugi, infatti, il Giudice tende a evitare che il godimento dell’immobile venga concesso ad un soggetto che non ne sia il proprietario.

L’assegnazione della casa familiare in mancanza di figli

Quando sono presenti dei figli la casa familiare viene normalmente assegnata al coniuge presso il quale sono collocati, cioè il genitore con cui i figli vivono per la maggior parte del tempo. Questa regola “non scritta” è dettata dall’esigenza di garantire ai figli la possibilità di continuare a vivere nell’ambiente domestico in cui hanno vissuto fino al momento della separazione.

Quando si discute la separazione o il divorzio di una coppia senza figli, invece, l’assegnazione della casa familiare non è un processo automatico. Si tratta di un tema ampiamente dibattuto tra le aule di Tribunale e rispetto al quale la storia di ogni coppia andrebbe analizzata singolarmente.

In linea generale, se la coppia riesce a raggiungere un accordo di separazione o divorzio consensuale, l’assegnazione della casa familiare può essere inserita tra le condizioni indipendentemente da chi sia il vero proprietario. Marito e moglie possono, quindi, arrivare a definire le modalità di spartizione dei beni comuni, casa compresa, ma anche stabilire che uno dei due ci possa vivere anche se l’immobile non è di sua proprietà.

Cosa succede alla casa familiare in mancanza di accordo

Se marito e moglie non sono d’accordo sarà il Giudice a esprimersi sulla sorte dell’abitazione. Se l’immobile è di proprietà di uno solo dei due coniugi, questo verrà con molte probabilità lasciato al suo legittimo proprietario. Nemmeno in caso di addebito di separazione vi sono grosse possibilità da parte dell’altro coniuge di ottenere l’assegnazione della casa.

Se invece marito e moglie hanno acquistato l’abitazione in comunione dei beni, la soluzione più frequente che viene adottata, e incoraggiata dai Giudici, è quella di mettere in vendita l’immobile e suddividere il ricavato.

Tuttavia in caso di coniugi comproprietari potrebbe anche accadere che l’abitazione venga assegnata al coniuge che, per effetto della separazione, risulti economicamente più debole. Si tratta di un’ipotesi percorribile solo in presenza di una sensibile disparità economica, che potrebbe essere in parte riequilibrata mediante l’assegnazione dell’immobile.

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Genitori separati e divorziati: si al diritto di visita online ai figli con smartphone e computer

Per i genitori separati e divorziati che vivono distanti dai figli è possibile rispettare il diritto di visita con modalità alternative come quella online attraverso l’uso di smartphone e computer.

Quando è possibile esercitare il diritto di visita online

Pensiamo ad una madre, collocataria dei figli minori, affidati ad entrambi i genitori, che riceve dall’azienda presso cui lavora una promozione che le richiede il trasferimento in un’altra città. Nonostante i dubbi iniziali, la madre decide di cogliere al volo quest’opportunità, che si traduce anche in un aumento di stipendio.

I due genitori affrontano la vicenda e, dopo qualche smarrimento iniziale, anche il padre incoraggia la ex a trasferirsi. Al di là dell’incoraggiamento iniziale, il padre tuttavia è intimamente preoccupato perché teme di allontanarsi troppo dai figli e di perderli.

Per quanto dolorosa possa essere una scelta simile, specialmente per chi la subisce, essa non influisce sull’affidamento dei minori.

La distanza geografica tra i luoghi di residenza dei genitori, infatti, non impedisce di mantenere l’affidamento condiviso. D’altra parte, la lontananza non incide sulla capacità di un genitore di crescere, istruire ed educare il proprio figlio, né di stargli vicino o fargli sentire la propria figura di riferimento.

Si tratterà dunque di fare qualche sforzo in più, rivedendo modalità e tempi di permanenza del minore con l’altro genitore. Se la madre si trasferisce in una città distante, o semplicemente mal collegata, è evidente che i pomeriggi infrasettimanali, magari col pernotto, nei quali il padre andava a prendere a scuola i figli verrebbero compromessi. Essi potrebbero essere sostituiti, ad esempio, aumentando l’orario di inizio e fine dei weekend alternati di spettanza del papà (facendoli eventualmente partire dal venerdì invece che dal sabato), oppure ampliando le vacanze estive e invernali col padre.

I limiti da rispettare in caso di modifica della residenza

Se la residenza dei figli cambia in seguito al trasferimento del genitore collocatario, dovranno probabilmente essere riviste le modalità e i tempi di visita. In questa prospettiva, un aiuto può arrivare dalle nuove tecnologie.

È stata ammessa, a questo proposito, la possibilità d‘integrare le visite ai figli – rese più difficoltose e dispendiose dalla distanza – con “visite online utilizzando la webcam [sappiamo tutti quanto sia tecnologicamente facile: la videocamera è già integrata su tutti gli smartphone (Apple®, Android® ecc.) o si monta sul pc qualora il monitor già non l’abbia integrata). Basta poi un programma, generalmente già preinstallato sul cellulare (tipo FaceTime® su iPhone®), o da scaricare gratuitamente come Skype®].

Naturalmente quella online non sarà sufficiente come unica forma di contatto e comunicazione con i propri figli.

Se infatti la videochiamata rappresenta indubbiamente un mezzo più coinvolgente rispetto alla telefonata, perché consente maggiore interazione, grazie alla possibilità di cogliere anche gli aspetti non verbali della comunicazione, essa non può in alcun modo essere considerata sostitutiva della relazione fisica.

Per questo sarà opportuno mantenere la visita online solo come strumento integrativo, a supporto degli incontri veri e propri con i figli.

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