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Nuove prospettive per il DDL Zan: fermento nel mondo LGBTQI+

Il DDL Zan non ha trovato luce dopo il passaggio in Senato, tuttavia, possono esserci nuove prospettive per la sua approvazione seppur in forma modificata. Il mondo LGBTQI+ è giustamente in fermento dopo la grossa delusione degli scorsi mesi.

Cosa prevedeva il DDL Zan

Il DDL Zan, che prende il nome dal deputato del PD Alessandro Zan, relatore del disegno di legge alla Camera, è una proposta di legge che prevedeva la prevenzione ed il contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità“.

In particolar modo il disegno di legge puntava ad includere i concetti di genere e identità di genere e orientamento sessuale nell’impianto normativo, già presente nell’ordinamento italiano, che tutela le discriminazioni, l’odio o la violenza per motivi razziali, etnici, nazionali, religiosi (c.d. Legge Mancino-Reale del 1993).

La legge Mancino-Reale, infatti, già prevede la punizione per atti commessi per motivi a sfondo razziale, etnico o religioso e, pertanto, i relatori della proposta di legge hanno optato per estendere all’elenco dei reati già puniti dalla legge Mancino-Reale anche le discriminazioni fondate sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere della vittima.

La proposta di legge chiedeva, quindi, una modifica degli artt. 604bis e 604ter c.p. estendendo la pena della reclusione (da 1 a 4 anni a seconda delle casistiche) e di una multa in caso di commissione di atti violenti o discriminatori (anche nella forma dell’istigazione) per motivi legati all’orientamento sessuale e/o di genere. Sarebbe stato introdotto, inoltre, il divieto di associazionismo basato sull’incitamento alla discriminazione o alla violenza per motivi di genere.

Critiche al DDL Zan e posizione del Vaticano

Le maggiori critiche che sono state espresse nei confronti del DDL Zan, in maggioranza provenienti da alcune parti del centro destra, rilevavano una non necessarietà della specificazione prevista della proposta di legge, essendo le condotte punite riconducibili a quelle punite dalla Legge Mancino-Reale.

Altri esponenti politici e di varie associazioni cattoliche hanno avanzato il dubbio che il DDL Zan castrasse la libertà di espressione in particolar modo della Chiesa Cattolica con una violazione dei principi che regolano il Concordato in vigore tra Vaticano e Stato italiano. In particolare, ci sarebbero passi delle Sacre Scritture e delle tradizioni ecclesiastiche che considerano la differenza sessuale, secondo una prospettiva antropologica derivata dalla stessa Rivelazione divina, indisponibile e immodificabile secondo la Chiesa.

I sostenitori della proposta di legge hanno spedito al mittente tali sospetti, in primo luogo lamentando un’illegittima ingerenza della Santa Sede nello Stato italiano fino a violarne la sua laicità e, in secondo luogo, ritenendo non veritieri i rischi di limitazione del libero pensiero e della libertà religiosa.

Speranze future per il DDL Zan

Il dibattito ideologico tra le due fazioni è destinato a non sopirsi perché i pensieri dei due fronti sono parsi troppo distanti per conciliarsi.

In ogni caso il mondo LGBTQI+, sostenuto dalla maggior parte dell’opinione pubblica oltre che da numerosi personaggi noti dello sport, dello spettacolo e della cultura, intravede ulteriori speranze per l’approvazione del DDL Zan, seppur in forma modificata.

Il DDL Zan, infatti, non è sparito: la proposta di legge ad Aprile 2022 ritornarà in Commissione Giustizia e potrà essere ridiscusso seppur prevedendo nuove formulazioni che tutelino la libertà di espressione e la libertà religiosa.

Questa prospettiva crea un certo fermento nella comunità LGBTQI+ che spera di poter vincere una battaglia di civiltà. Un’occasione per non sprecare la possibilità di garantire tutela ad una parte della popolazione troppo spesso discriminata per motivi privati e personali.

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Unione civile ed impresa familiare: stessi diritti di moglie e marito

In caso di impresa familiare gestita da una persona che ha celebrato l’unione civile, per il partner esistono gli stessi diritti previsti dal Codice civile in favore di moglie e marito.

Nel nostro paese è molto frequente la prestazione di lavoro in piccole o medie realtà aziendali o professionali familiari, che sono la rete capillare che sostiene l’economia italiana.

L’impresa familiare è definita come l’impresa o l’attività professionale in cui collaborano in maniera continuativa il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo dell’imprenditore.

La Legge Cirinnà ha previsto che anche il convivente unito civilmente possa essere annoverato fra i familiari che collaborano all’impresa familiare godendo dei relativi benefici. In particolar modo la parte unita civilmente è parificata al coniuge, con l’unica eccezione che i suoi parenti entro il secondo grado, che sarebbero ipoteticamente affini per l’imprenditore, sono esclusi dato che l’unione civile non prevede il vincolo dell’affinità.

Quali sono i diritti della parte unita civilmente?

 

Il diritto principale della parte unita civilmente consiste nel partecipare agli utili dell’impresa, ai beni acquistati ed all’incremento dell’azienda stessa in proporzione alla quantità e qualità del lavoro prestato.

Altro aspetto molto importante è quello che riguarda la possibilità di godere del mantenimento secondo la condizione patrimoniale della famiglia e, parimenti, di partecipare alla gestione dell’impresa ed alle decisioni circa l’indirizzo aziendale che devono essere prese a maggioranza tra tutti i familiari.

Cosa succede in caso di successione ereditaria?

 

Nell’impresa familiare il diritto di partecipazione non può essere ceduto se non a favore degli altri familiari e con il consenso di tutti i partecipi. Se l’azienda viene venduta o cessata la quota può essere liquidata in denaro anche in più annualità.

Questa prelazione ha effetto anche in caso di morte di un familiare o dello stesso imprenditore. Tale aspetto è di importanza rilevante soprattutto nelle sorti di una coppia unita civilmente. Proviamo ad immaginare, per esempio, a due conviventi lesbiche: una possiede, con i suoi due fratelli, una piccola impresa che si occupa di giardinaggio e l’altra vi collabora.

Nel caso in cui l’imprenditrice dovesse morire la convivente avrebbe la certezza di poter ereditare la quota della propria compagna continuando il proprio lavoro senza correre il rischio di essere estromessa dal resto della famiglia e, in particolare, dai due fratelli.

E se i fratelli agissero alle sue spalle prendendo decisioni senza il suo consenso oppure venendo la sua quota? In questo caso la partner superstite potrebbe ricorrere in Tribunale per tutelare il proprio diritto e la propria partecipazione.

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Quali sono i diritti e i doveri che nascono dal matrimonio per moglie e marito | Conseguenze giuridiche

Dal matrimonio nascono precisi diritti e doveri per moglie e marito per i quali pronunciare il fatidico SI significa iniziare una nuova vita a due, un’unione che possa durare per sempre e permetta loro di costruire una famiglia. Non rispettare questi doveri comporta importanti conseguenze giuridiche.

Il matrimonio, infatti, è un vero e proprio contratto che si occupa anche di regolare in maniera precisa i rapporti tra i coniugi e, principalmente, i diritti e doveri di moglie e marito che sono uguali davanti alla legge.

Questa importante parificazione, già riconosciuta dalla Costituzione, è stata recepita definitivamente con la Riforma del diritto di famiglia del 1975, che ha adeguato la normativa precedente eliminando alcuni elementi che, nella legislazione pre-riforma, stabilivano una disciplina favorevole al marito rispetto che alla moglie (per fare un esempio potremmo citare la normativa sull’adulterio che era considerato reato per la moglie ma non per il marito).

Doveri matrimoniali di moglie e marito: elenco

 

Il primo dovere coniugale è l’obbligo alla fedeltà: la fedeltà non è intesa solo a livello fisico, ma anche morale. L’obbligo di non tradire la moglie o il marito si estende quindi dalla sola sfera sessuale a quella morale. Il secondo dovere che i coniugi devono rispettare è quello della reciproca assistenza materiale e morale: la coppia si deve impegnare a fornire supporto l’una all’altro sia a livello economico sia a livello morale. I coniugi, infine, devono contribuire ai bisogni della famiglia, in misura proporzionale alle proprie possibilità. In ultimo il matrimonio impone il dovere alla collaborazione reciproca e, seppure in via attenuata date le realtà sociologiche degli ultimi anni, il dovere alla coabitazione.

 

Doveri matrimoniali e conseguenze giuridiche

Al di là dell’ovvia valenza morale questi doveri hanno anche una precisa validità giuridica: la loro violazione comporta infatti conseguenze come l’addebito della separazione e il risarcimento del danno a carico del coniuge che non li rispetta. Se si ritiene che l’altro coniuge non tenga fede ai suoi doveri coniugali, oltre all’ovvio tentativo di chiarimento reciproco, è possibile in prima battuta inviare un richiamo tramite il proprio Avvocato per convincere il coniuge a cambiare atteggiamento. Se non c’è alcuna volontà di collaborazione, è possibile rivolgersi al Tribunale e avviare un’azione giudiziaria per fare in modo che sia il Giudice ad indicare la strada migliore per il bene della famiglia. Nel caso in cui la crisi sia irrevocabile si dovrà, invece, procedere con la separazione.

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Diritti coppie gay e unioni civili: il TFR del lavoratore spetta anche all’ex partner

La celebrazione dell’unione civile ha introdotto numerosi diritti per le coppie gay anche nel momento dello scioglimento del rapporto. Tali tutele, anche economiche, sono del tutto simili a quelle concesse in caso di divorzio, come quella relativa al TFR.

Una delle norme a tutela dell’ex coniuge prevede che il 40% del trattamento di fine rapporto del lavoratore, maturato durante il matrimonio, spetti al coniuge divorziato. La Legge Cirinnà ha previsto che tale regola valga anche nel caso in cui una coppia omosessuale celebri l’unione civile.

Quando è possibile ottenere il TFR

Affinché il giudice riconosca una quota di TFR è necessario che l’ex partner non abbia contratto una nuova unione civile, sia titolare di un assegno di mantenimento periodico e che la riscossione del trattamento sia effettuata dopo la domanda di scioglimento dell’unione.

Poniamo il caso, quindi, che tra due donne che si uniscono civilmente, una, manager di un’importante azienda, faccia parte di una famiglia molto abbiente e l’altra sia una lavoratrice part-time precaria. Durante il legame di coppia, ovviamente, anche lo stile di vita della seconda ha subito un notevole miglioramento grazie a frequenti uscite, viaggi, regali ed ampie disponibilità di denaro che con il suo lavoro precario non si sarebbe potuta permettere. Nel caso in cui le due dovessero lasciarsi la lavoratrice part-time potrà ottenere il riconoscimento di un assegno dimostrando di essere impossibilitata a procurarsi i mezzi adeguati al suo sostentamento dato che il suo impiego le consente di soddisfare solo in parte i suoi bisogni primari.

Ottenendo tale assegno la lavoratrice avrebbe la sicurezza di poter attingere al TFR dell’ex partner una volta riscosso nella misura del 40% della somma accantonata durante l’unione.

Come possiamo immaginare questa regolamentazione ha comportato un importante passo avanti a protezione dei soggetti legati da un rapporto omosessuale rispetto al passato. Pensiamo, infatti, a quanti, magari senza lavoro né prospettive di mantenimento, possono trovare il supporto economico necessario anche in caso di rottura del legame d’amore.

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I diritti dei legittimari in caso di unione civile

La regolamentazione dell’unione civile ha introdotto la figura dei legittimari e dei loro diritti anche nelle famiglie omosessuali. Eredità e testamenti, prima della Legge Cirinnà, comportavano per le coppie gay percorsi tortuosi ed incognite dato che molto spesso le famiglie del defunto potevano impugnare i lasciti al partner impedendogli di ereditare.

Anche la parte unita civilmente fa parte dei legittimari

Nel nostro paese non esiste una totale libertà di disporre dei propri beni quando si fa testamento perché una quota di patrimonio deve essere riservata ai familiari più prossimi, c.d. legittimari, che nel caso in cui si vedano destinare una percentuale inferiore di quanto previsto per loro dalla Legge, hanno il diritto di ricorrere al Giudice per fare in modo di essere reintegrati.

Tra i familiari prossimi che sono identificati come legittimari è stata inserita anche la parte unita civilmente la quale viene parificata al coniuge e si affianca ai figli ed ai genitori. Attenzione, quindi, perché il riconoscimento legale della coppia omosessuale non comporta la possibilità di destinare tutti i propri beni al partner unito civilmente.

Proviamo a pensare ad un padre che perde la vita lasciando un testamento con il quale destina tutto il suo denaro e gli immobili di proprietà al compagno, con il quale poco prima di morire aveva celebrato l’unione civile. Il figlio, dispiaciuto per la scelta del padre, è deluso del fatto che il genitore non gli abbia lasciato in eredità una mansarda di design, situata nel pieno centro città, e vorrebbe a tutti i costi intervenire per appropriarsi della casa togliendola al partner superstite.

La reintegrazione della quota riservata ai legittimari

Il figlio avrebbe ben ragione di sentire violati i suoi diritti e quindi avrebbe diritto ad ottenere la propria parte di eredità ma non di scegliere quali beni ereditare.

In particolar modo il Codice Civile prevede che nel caso in cui una persona muoia lasciando un coniuge, oggi anche la parte unita civilmente, ed un figlio a ciascuno sia riservato come minimo un terzo del patrimonio. Nel caso in cui il padre non abbia indicato nessun bene o importo da far ereditare al figlio, quindi, quest’ultimo ha il diritto di ricorrere in Tribunale per ottenere un terzo di quanto posseduto in vita dal genitore.

Questa azione che ha lo scopo di reintegrare la quota riservata ai legittimari per legge, ha natura quantitativa e non qualitativa: il figlio, cioè, non potrà chiedere al Giudice che gli venga attribuita proprio la mansarda desiderata ma soltanto di ricevere un terzo del valore dei beni del padre. Quali e quanti beni siano ricompresi in questa percentuale potrà essere oggetto di trattativa con il partner individuato come erede dal testamento, oppure lasciato alla decisione del Giudice. Per fare un esempio concreto se tutto il patrimonio del defunto, sommando denaro e beni immobili, fosse pari ad un milione di Euro il figlio potrebbe ricevere circa trecentomila Euro ma non la mansarda dei suoi sogni.

Possiamo dire, in conclusione, che il riconoscimento delle coppie omosessuali ha parificato in tutto e per tutto i partners ai coniugi per quello che riguarda l’ambito successorio. Inutile dire quanto può essere importante per la parte della coppia che rimane in vita sapere di avere una quota “minima” di eredità non toccabile. Tuttavia è bene precisare che l’equiparazione vale anche per i limiti che devono essere rispettati quando si decidono le ultime volontà che, come abbiamo visto, impediscono di estromettere gli altri eredi.

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Unione Civile e diritti sul lavoro: si a congedo matrimoniale e permesso assistenziale anche alle coppie gay

L’unione civile permette alle coppie gay di ottenere alcuni diritti per quanto riguarda il lavoro: stiamo parlando, in particolare, di congedo matrimoniale e permesso assistenziale per il partner.

La maggior parte delle coppie omosessuali che sta per costituire una unione civile vive questo momento con la trepidazione, l’attesa e l’emozione di un vero e proprio matrimonio. Ed infatti, indipendentemente dal nome scelto dalla Legge, dietro la scelta di unirsi civilmente c’è la volontà di ufficializzare un legame affettivo con un patto che non abbia mai fine.

In questi mesi, giornali, settimanali, siti internet e programmi televisivi hanno dedicato ampi spazi alle storie di coppie LGBT e al giorno fatidico dell’unione civile concentrandosi, come è naturale che sia, sull’aspetto sentimentale e romantico. Tuttavia è anche importante conoscere alcuni aspetti più pratici e di tutela che sono stati regolati dalla Legge Cirinnà.

La parità di diritti anche in ambito lavorativo

Pensiamo ad una coppia lesbica nella quale una è impiegata in un’azienda a tempo indeterminato mentre l’altra è disoccupata. Le due decidono di celebrare l’unione civile con una grande festa che coinvolge amici e parenti ma non sono molto informate sui diritti che la dipendente ha in ambito lavorativo, anche in considerazione del fatto che una delle due non è occupata.

In primo luogo è opportuno sapere che il lavoratore ha diritto a godere del c.d. congedo matrimoniale, ossia della possibilità di assentarsi dal posto di lavoro per 15 giorni retribuiti in un arco di tempo che varia a seconda del Contratto Collettivo applicato al contratto d’assunzione. Si pensi, ad esempio, al caso in cui il lavoratore ha necessità di curare e assistere il proprio partner.

Per il mondo omosessuale questa “conquista” è stata molto sentita anche perché equipara nei fatti l’unione civile al matrimonio anche agli occhi di datori di lavoro e colleghi: il luogo di lavoro infatti costituisce la vita reale di tutti i giorni dove – purtroppo, in alcuni casi – più forti, finora, sono state le discriminazioni rispetto alle coppie eterosessuali.

In caso di disoccupazione di una delle due, inoltre, viene riconosciuto il diritto alla detrazione fiscale prevista dall’art. 12 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR) ed inoltre si potrebbe anche aver diritto all’assegno familiare per il coniuge a carico che, in questo caso, viene applicato analogicamente anche al partner dell’unione civile.

Il riconoscimento dei permessi di natura assistenziale

Se pensiamo che fino ad un anno fa queste agevolazioni non esistevano, possiamo comprendere il motivo per cui le coppie omosessuali vivono questa equiparazione come una conquista importantissima.

Ma vi è di più. Se nella coppia lesbica ci fosse un disabile o un malato grave la Legge permetterebbe all’altra parte unita civilmente, regolarmente occupata, di godere dei tre giorni di permesso mensile retribuiti previsti per i lavoratori dalla Legge n. 104/92 al fine di assistere il familiare, come anche di godere del congedo biennale previsto dalla legge n. 151/01 in caso di grave infermità del coniuge o del partner convivente. Nello stesso modo la lavoratrice superstite potrebbe usufruire del permesso di tre giorni retribuiti in caso di decesso della convivente unita civilmente.

Inoltre, a seguito della costituzione dell’unione civile, sorgeranno diritti e tutele anche in relazione al TFR della lavoratrice. Infatti, tra le novità della Legge c’è la parificazione dei diritti del coniuge al partner: pertanto il partner superstite avrà diritto alla corresponsione del TFR in caso di decesso della compagna, ma anche a seguito dello scioglimento dell’unione civile ci sarà – in certi casi – l’obbligo della lavoratrice di versare parte del proprio TFR alla compagna.

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Quali diritti nascono sulla casa familiare per le coppie lesbiche in caso di unione civile

L’unione civile fa sorgere importati diritti in relazione alla casa familiare per le coppie lesbiche. Prendiamo l’esempio di due compagne che, a seguito delle incomprensioni e dei continui litigi con le rispettive famiglie d’origine, si trasferiscono a vivere in una nuova città dove una delle due è proprietaria di una casa regalatale dai genitori ai tempi dell’università. Dopo qualche tempo le due partners decidono di celebrare il loro amore registrando l’unione civile. In questo modo i diritti di entrambe sono tutelati dalla Legge Cirinnà anche dinanzi alle ostilità delle famiglie o alle fatalità della vita.

La partner superstite può restare a vivere nella casa familiare

Prima che venissero regolamentate le unioni civili, se la proprietaria dell’abitazione avesse perso la vita, e non avesse lasciato un testamento, la famiglia d’origine avrebbe facilmente potuto estromettere la compagna dalla propria abitazione, occupata senza titolo. Ed infatti la casa sarebbe rientrata nell’eredità e – in assenza di un testamento – sarebbe quindi spettata agli eredi.

Immaginiamo quanto sarebbe potuto essere traumatico per lei rischiare di essere buttata fuori dalla casa in cui aveva vissuto con la propria compagna dopo averla persa.

Oggi la legge sulle unioni civili impedisce questa azione alla famiglia d’origine. La celebrazione dell’unione, infatti, oltre a garantire diritti successori alla parte superstite, le concede di restare a vivere per tutta la vita nella casa che la coppia aveva scelto come abitazione principale, indipendentemente dalla proprietà dell’immobile.

Questo significa, che anche se la proprietà dell’appartamento dovesse essere trasferita ad un membro della famiglia d’origine della compagna deceduta, alla superstite rimarrebbe in ogni caso il diritto di continuare a vivere nella stessa casa salvo il caso in cui il convivente superstite cessi di abitare stabilmente nella casa di comune residenza o in caso di matrimonio, unione civile o di nuova convivenza di fatto.

Casa in affitto e agevolazioni fiscali

Nel caso in cui l’abitazione principale della coppia fosse in locazione, con il contratto di affitto intestato alla persona deceduta, la Legge prevede comunque una tutela nei confronti della parte superstite che avrà diritto a succedere all’altra nel contratto d’affitto.

Grazie agli accorgimenti che abbiamo visto l’abitazione principale della coppia rimane tale anche dinanzi ad un evento negativo come la scomparsa di una parte.

Ma la possibilità di individuare un immobile come residenza principale della famiglia non è rilevante solo in caso di eventi tragici dato che il Legislatore ha equiparato la coppia unita civilmente alla coppia sposata anche per quanto riguarda la regolamentazione di IMU e TASI, prevendendo le agevolazioni “prima casa” per entrambi i residenti.

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Diritti coppie gay e unione civile: la pensione indiretta in caso di morte del partner non pensionato

Oltre alla pensione di reversibilità, la celebrazione dell’unione civile concede alle coppie gay svariati diritti quali la pensione indiretta in caso di morte del partner non pensionato.

La pensione di reversibilità, infatti, è lo strumento che serve a tutelare il coniuge superstite nel caso in caso di morte dell’altro quando quest’ultimo sia già pensionato.

Con la Legge Cirinnà e con i successivi decreti attuativi dell’unione civile, l’applicazione di tale strumento di tutela è stata estesa anche nel caso di coppie omosessuali unite civilmente.

Ma cosa accade quando la persona deceduta non percepisce ancora una pensione? 

Dobbiamo subito chiarire che, in caso di morte del lavoratore, sono previste prestazioni economiche in favore del coniuge, o del partner unito civilmente, anche nel caso in cui il lavoratore non percepiva ancora una pensione ma aveva comunque raggiunto alcuni livelli contributivi previsti dalla legge.

La pensione indiretta: cos’è e quali quote sono previste per il superstite

 

È la prestazione economica prevista in favore del coniuge, o del partner unito civilmente, del lavoratore defunto nel caso in cui quest’ultimo non abbia raggiunto il diritto ad ottenere la pensione ma possa vantare, al momento del decesso, almeno 780 settimane di contributi oppure 260 settimane di contributi di cui almeno 156 nel quinquennio antecedente la data del decesso.

Come la reversibilità, la pensione indiretta spetta a partire dal primo giorno del mese successivo a quello in cui è avvenuta la morte del congiunto a prescindere dal momento in cui viene presentata la domanda e i beneficiari posso essere anche i figli minori, disabili o studenti universitari se a carico del genitore, oppure i nipoti che alla morte del nonno o della nonna erano a loro totale carico (in mancanza anche i genitori che abbiano più di 65 anni e non siano titolari di pensione, o ai fratelli e sorelle se inabili e a carico).

La somma erogata a favore di chi ha diritto è calcolata sulla base di una percentuale della “pensione” maturata e, a titolo puramente orientativo, corrisponde al 60% se il beneficiario è il solo coniuge, o il solo partner unito civilmente (che giuridicamente è equiparato al coniuge), al 70% se il beneficiario è solo un figlio, all’80% se sono presenti il coniuge (o il partner) ed un figlio e al 100% se vi è il coniuge (o il partner) con due o più figli.

Indennità per morte versata in un’unica soluzione

 

Quando il lavoratore deceduto non ha raggiunto i requisiti per ottenere la pensione e neppure i limiti contributivi previsti per l’accesso alla pensione indiretta, ai suoi familiari spetta solo un’indennità erogata una sola volta, solitamente determinata moltiplicando il valore dell’assegno sociale per il numero di anni di contribuzione effettivamente versati dal familiare scomparso. In questo caso la domanda va presentata entro un anno dalla morte pena la perdita del diritto.

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Cosa sono le unioni civili | Diritti e doveri che nascono dall’unione civile

Cosa sono le unioni civili e quali diritti e doveri nascono dalla loro celebrazione. Sono questi alcuni degli interrogativi più frequenti che sorgono dopo l’approvazione della Legge Cirinnà.

Precisiamo subito che l’unione civile è costituita da una coppia di persone dello stesso sesso, quindi da una coppia omosessuale, gay o lesbica.

COSTITUZIONE DELL’UNIONE CIVILE (come si costituiscono le unioni civili?)

Si costituisce attraverso una semplice dichiarazione all’Ufficiale di stato civile, alla presenza di due testimoni.

COGNOME COMUNE (con la dichiarazione di costituzione dell’unione civile è possibile cambiare cognome?)

I partner, con una dichiarazione all’Ufficiale di stato civile, possono anche stabilire se assumere, per la durata della loro unione, un cognome comune scegliendo tra i loro cognomi. La parte può anteporre o posporre al cognome comune il proprio cognome, se diverso.

REGIME PATRIMONIALE – COMUNIONE DEI BENI (qual è il regime patrimoniale delle unioni civili?)

Il regime patrimoniale ordinario è la comunione dei beni, a meno che le parti pattuiscano una diversa convenzione patrimoniale come la separazione dei beni. I partner in alternativa alla comunione potranno optare per la comunione convenzionale, potranno costituire un fondo patrimoniale o potranno condurre una impresa familiare.

OBBLIGHI RECIPROCI (quali sono gli obblighi nelle unioni civili?)

Dall’unione civile deriva:

l’obbligo reciproco di assistenza morale e materiale;

l’obbligo per entrambe le parti, ciascuna in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia;

l’obbligo di coabitazione;

l’obbligo di concordare l’indirizzo della vita familiare e di fissare la residenza comune.

A differenza di quanto previsto nel matrimonio, non c’è l’obbligo di fedeltà.

VITA FAMILIARE – RESIDENZA COMUNE (chi decide la residenza nelle unioni civili?)

Le parti concordano tra loro l’indirizzo della vita familiare e fissano la residenza comune; a ciascuna delle parti spetta il potere di attuare l’indirizzo concordato.

SUCCESSIONE – EREDITA’ (nelle unioni civili il partner ha diritto all’eredità?)

Nell’unione civile il partner superstite è erede legittimo necessario, quindi succede al partner defunto anche in assenza di testamento e, per legge, ha diritto ad una quota dell’eredità di quest’ultimo. In caso di testamento, la legge prevede a favore del partner superstite una quota di legittima che non può essere violata dalle disposizioni testamentarie. Quando infatti la quota di legittima dovesse essere violata dal de cuius ossia del partner defunto, per effetto di atti di disposizione, o di donazioni, oppure in caso di testamento, il partner superstite potrà agire per il riconoscimento integrale della propria inviolabile quota di legittima.

SUCCESSIONE – PENSIONE DI REVERSIBILITA’ (nelle unioni civili il partner ha diritto alla pensione di reversibilità?)

Il partner superstite ha diritto alla pensione di reversibilità del partner lavoratore defunto. Qualora invece vi sia stato lo scioglimento dell’unione spetta la pensione di reversibilità solo se l’ex partner superstite già riceveva un assegno di mantenimento stabilito con lo scioglimento, e sempre che non si sposi o non costituisca una nuova unione civile o non inizi una effettiva e stabile convivenza more uxorio tale da dar vita ad una vera e propria famiglia di fatto.

SUCCESSIONE – TFR (nelle unioni civili il partner ha diritto al TFR?)

Il partner superstite ha diritto al TFR (Trattamento di Fine Rapporto) del partner lavoratore defunto.

SUCCESSIONE – CONTRATTO DI LOCAZIONE DELLA CASA (alla morte del partner, si può succedere nel contratto di affitto della casa?)

In caso di morte dell’intestatario del contratto di locazione (c.d. conduttore), il partner superstite subentra nel contatto di locazione della casa di residenza familiare.

SUCCESSIONE – DIRITTO DI ABITAZIONE DELLA CASA DI PROPRIETÀ (nelle unioni civili, alla morte del partner, si può continuare ad abitare la casa familiare?)

In caso di morte del proprietario, il partner superstite ha diritto di abitazione nella casa di residenza familiare.

ADOZIONI – FILIAZIONE (quando è possibile l’adozione nelle unioni civili?)

la legge sulla unione civile ha espressamente voluto tenere fuori il tema della filiazione: dall’adozione del figlio del partner (stepchild adoption), all’adozione legittimante (nazionale ed internazionale), alle altre modalità di procreazione medicalmente assistita.

Pur se nella legge sull’unione civile non è stato espressamente riconosciuto il diritto di poter adottare il figlio del partner (stepchild adoption), sarà comunque possibile chiedere al Tribunale di valutare il singolo caso concreto per verificare – nel primario interesse del figlio – se ci sono, o meno, i presupposti per l’adottabilità del figlio del partner.

SCIOGLIMENTO VELOCE (ossia il divorzio veloce nelle unioni civili senza passare dalla separazione)

Per incominciare la procedura di scioglimento dell’unione civile è necessario che le parti manifestano la volontà di scioglimento, con dichiarazione davanti all’Ufficiale dello stato civile. La dichiarazione può anche essere fatta disgiuntamente e, quindi, anche da uno solo dei due partner. Trascorsi tre mesi si può fare domanda di scioglimento, attraverso tre distinte modalità:

1) se vi è accordo, con un ricorso congiunto di entrambi i partner al Tribunale oppure, se non c’è accordo, con un ricorso giudiziale promosso da un solo partner al Tribunale contro l’altro e, in quest’ultimo caso, incomincerà una causa;

2) con la negoziazione assistita con due avvocati;

3) con un accordo sottoscritto davanti al Sindaco (Ufficiale di stato civile), con l’assistenza facoltativa di un avvocato, e a condizione però che non ci siano figli minorenni, o maggiorenni incapaci o portatori di un grave handicap, o economicamente non autosufficienti (salvo che non si tratti di figli di uno solo dei due partner).

MANTENIMENTO (nelle unioni civili si ha diritto ad un assegno di mantenimento?)

In caso di scioglimento dell’unione, il partner che versi in stato di bisogno e che non abbia la possibilità di provvedere autonomamente al suo mantenimento ha diritto di ricevere dall’altro partner un assegno. L’importo dell’assegno sarà determinato tenendo conto delle condizioni economiche di ciascuna delle parti.

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Diritti e doveri che nascono con una convivenza di fatto registrata | Cosa sono le convivenze di fatto registrate?

Il ddl Cirinnà ha previsto una regolamentazione per le convivenze di fatto registrate che sono costituite da una coppia di fatto composta da persone di sesso diverso (eterosessuale) o dello stesso sesso (omosessuale). La convivenza registrata fa sorgere specifici diritti e doveri in capo ai conviventi.

Si intendono per conviventi di fatto due persone maggiorenni unite stabilmente da legami affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità, adozione, da matrimonio o unione civile.

COSTITUZIONE DELLA CONVIVENZA REGISTRATA (come si costituiscono le convivenze di fatto registrate?)

È sufficiente fare una dichiarazione all’Anagrafe della stabile convivenza.

DIRITTI NASCENTI DALLA CONVIVENZA REGISTRATA (quali sono i diritti del convivente in una convivenza di fatto registrata?)

I conviventi di fatto hanno gli stessi diritti spettanti al coniuge in caso di malattia o di ricovero, hanno diritto reciproco di visita, di assistenza e di accesso alle informazioni personali nonché gli stessi diritti spettanti al coniuge nei casi previsti dall’ordinamento penitenziario.

Qualora si abbia una casa di proprietà, in caso di morte del proprietario della casa di comune residenza il convivente di fatto superstite ha diritto di continuare ad abitare nella stessa per due anni o per un periodo pari alla convivenza se superiore a due anni e comunque non oltre i cinque anni. Qualora si abbia, invece, una casa in affitto, nei casi di morte del conduttore o di suo recesso dal contratto di locazione della casa di comune residenza, il convivente di fatto ha facoltà di succedergli nel contratto.

DIRITTI DEL CONVIVENTE NELL’ATTIVITÀ DI IMPRESA

Al convivente di fatto che presti stabilmente la propria opera all’interno dell’impresa dell’altro convivente spetta una partecipazione agli utili dell’impresa familiare ed ai beni acquistati con essi nonché agli incrementi dell’azienda, anche in ordine all’avviamento, commisurata al lavoro prestato. Il diritto di partecipazione non spetta qualora tra i conviventi esista un rapporto di società o di lavoro subordinato.

RAPPORTI PATRIMONIALI E CONTRATTO DI CONVIVENZA (qual è il regime patrimoniale nelle convivenze di fatto registrate?)

Con la convivenza di fatto registrata non si instaura alcun regime patrimoniale automatico, tuttavia i conviventi possono disciplinare i rapporti patrimoniali relativi alla loro vita in comune con la sottoscrizione di un contratto di convivenza, in forma scritta a pena di nullità, con atto pubblico o scrittura privata, con sottoscrizione autenticata da un notaio o da un avvocato.

Il contratto può contenere: l’indicazione della residenza; le modalità di contribuzione alle necessità della vita in comune, in relazione alle sostanze di ciascuno e alla capacità di lavoro professionale o casalingo; il regime patrimoniale della comunione dei beni come da codice civile. Il regime patrimoniale scelto nel contratto di convivenza può essere modificato in qualunque momento. Il contratto di convivenza non può essere sottoposto a termine o condizione.

SUCCESSIONE – DIRITTO DI ABITAZIONE DELLA CASA DI PROPRIETÀ (nelle convivenze di fatto registrate, alla morte del convivente, si può continuare ad abitare la casa familiare?)

In caso di morte del proprietario della casa di comune residenza, il convivente di fatto superstite ha diritto di continuare ad abitare nella stessa per due anni o per un periodo pari alla convivenza se superiore a due anni e comunque non oltre i cinque anni. Ove nella stessa casa coabitino figli minori o figli disabili del convivente superstite, il medesimo ha diritto di continuare ad abitare nella casa di comune residenza per un periodo non inferiore a tre anni. Il diritto viene meno nel caso in cui il convivente superstite cessi di abitare stabilmente nella casa di comune residenza o in caso si sposi o costituisca una unione civile o qualora inizi una nuova, effettiva e stabile convivenza more uxorio tale da dar vita ad una vera e propria nuova famiglia di fatto

SUCCESSIONE – CONTRATTO DI LOCAZIONE DELLA CASA (nelle convivenze di fatto registrate, alla morte del convivente, si può succedere nel contratto di affitto della casa?)

Nei casi di morte del conduttore o di suo recesso dal contratto di locazione della casa di comune residenza, il convivente ha facoltà di succedergli nel contratto.

SUCCESSIONI – NIENTE EREDITA’ NÉ PENSIONE DI REVERSIBILITÀ’

Nelle unioni di fatto registrate, il partner superstite non ha diritto all’eredità del convivente defunto, fatte salve lecite disposizioni testamentarie, né la reversibilità della pensione.

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