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Qual è la differenza tra separazione legale e separazione di fatto

La separazione è un mezzo per risolvere la crisi coniugale previsto dalla legge italiana. Esiste una differenza sostanziale a seconda che questa sia legale o “di fatto”. In entrambi i casi essa è definibile come un periodo che precede l’eventuale scioglimento del matrimonio, destinato a permettere ai coniugi di “riflettere” sull’opportunità di porre fine al nucleo familiare oppure di ricostruirlo.

Quali sono le caratteristiche della separazione di fatto

La separazione legale è sancita da un provvedimento del Tribunale il quale autorizza i coniugi a vivere separati e regola le loro questioni patrimoniali e personali oltre che gli aspetti relativi ai figli compreso il diritto al mantenimento sia della prole che del coniuge più debole.

La separazione di fatto, invece, è una condizione scelta dai coniugi che decidono concordemente di terminare la convivenza matrimoniale, in genere prevedendo il trasferimento di uno dei due in un’abitazione diversa da quella familiare, senza ottenere alcuna autorizzazione dal Tribunale.

Non essendo prevista alcuna ratificazione le parti non sono obbligate a giungere ad una regolamentazione vincolante e formale dei rapporti economici e privati, neppure in relazione alla vita genitoriale ed al mantenimento dei figli.

Questa soluzione potrebbe essere considerata allettante per mettere fine alla convivenza senza dover affrontare onerose spese giudiziarie soprattutto nel caso in cui entrambi i coniugi sono economicamente autonomi e non avanzano pretese economiche né vi siano controversie sull’attribuzione di beni comuni.

I contro della separazione di fatto

La separazione di fatto rimane priva di qualsivoglia controllo di legittimità e giustizia, di conseguenza è preferibile non percorrere tale strada soprattutto se si hanno figli minori o questioni patrimoniali particolarmente complicate da definire. Sarebbe sempre auspicabile, infatti, ricorrere ad una soluzione che permetta di vedere tutelati i propri diritti di coniuge ed i diritti della prole possibilmente con un ausilio legale ai fini della composizione delle controversie relative alle questioni economiche.

Un’ulteriore differenza essenziale tra le due tipologie di separazione consiste nel fatto che quella legale può fungere da causa per ottenere lo scioglimento del matrimonio mentre la separazione di fatto no (con l’unica eccezione delle separazioni di fatto iniziate due anni prima il dicembre 1970, anno dell’approvazione della legge sul divorzio).

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Fecondazione Assistita differenze dopo la diagnosi preimpianto

La diagnosi preimpianto ha introdotto alcune importanti differenze nelle procedure di fecondazione assistita soprattutto per quelle coppie portatrici di malattie genetiche o malattie rare.

Per alcune coppie cercare di avere un figlio si può rivelare una strada in salita. Le cause di sterilità sono molteplici e, secondo svariati studi scientifici, sono statisticamente in aumento nella civiltà occidentale. Se le cure mediche risultano infruttuose l’ultima speranza per coronare il desiderio di maternità può risultare la fecondazione assistita. Esistono, purtroppo, coppie affette da infertilità totale, che non possono procreare con i propri gameti (cellule sessuali) neppure grazie all’intervento sanitario. Altre ancora che temono di trasmettere al feto gravi malattie genetiche di cui sono portatori.

Il diritto a procreare

Proprio per tutelare il “diritto a procreare” di queste coppie, negli ultimi anni sono state modificate varie volte le leggi in vigore che prima erano altamente limitative nell’utilizzo di rimedi scientifici per gli affetti da grave sterilità.

Il divieto più importante che è stato abbattuto è quello relativo fecondazione eterologa, che prevede l’utilizzo di gameti di donatori estranei alla coppia che accede all’iter. Successivamente la Corte Costituzionale ha fatto cadere il divieto che impediva alle coppie, con gravi patologie genetiche trasmissibili al nascituro, l’accesso alle tecniche di fecondazione assistita con diagnosi preimpianto.

Prima della sentenza n. 96/2015 queste coppie potevano iniziare l’iter di fecondazione assistita ma i medici non potevano svolgere esami strumentali sui singoli embrioni per scoprire l’esistenza di gravi malattie geneticamente trasmissibili così da far scegliere alla coppia di non provvedere all’impianto. In tal modo gli aspiranti genitori, già angosciati al pensiero di poter trasmettere una gravissima malattia al proprio figlio, erano costretti ad attendere svariati mesi per sottoporre il feto agli esami prenatali necessari, e spesso molto invasivi (amniocentesi, villocentesi ecc.), trovandosi a sopportare, in casi negativi, il trauma di un’interruzione di gravidanza.

Con la diagnosi preimpianto almeno questo step logorante potrà essere eliminato.

Cosa cambia con la diagnosi preimpianto

 I medici, grazie alla diagnosi preimpianto potranno esaminare il patrimonio genetico dell’embrione prima della fecondazione evitando di prolungare le lungaggini, le attese e le paure con le quali si era costretti a convivere fino all’esito degli esami clinici sul feto. Ovviamente la possibilità di accesso alla diagnosi preimpianto sarà concessa solo alle coppie portatrici – in modo accertato – di gravissime patologie geneticamente trasmissibili. La verifica dovrà essere svolta da strutture sanitarie certificate e sarà compito del legislatore introdurre apposite disposizioni per l’individuazione delle malattie che verranno considerate idonee a consentire l’accesso al protocollo.

Sarebbe ottimale, infine, inserire l’obbligo di accertamento a carico del servizio pubblico in modo da evitare disparità economiche tra le coppie più o meno abbienti.

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Eliminate le differenze tra figli legittimi e figli naturali | Riforma filiazione del 2012

Probabilmente poche persone sanno che la riforma sulla filiazione del 2012 è risultata epocale dato che ha parificato figli legittimi e naturali: tutte le residuali differenze, infatti, sono state eliminate.

La Legge, approvata dal Parlamento nel 2012 ed entrata in vigore nel 2013, ha definitivamente uniformato la normativa alla realtà della società civile, dove è ormai frequentissimo che un figlio nasca al di fuori del matrimonio.

Parità tra figli nati durante il matrimonio e figli nati fuori dal matrimonio

Con la parificazione tra i figli nati in costanza di matrimonio e figli nati al di fuori non vi è più alcuna differenza tra figli legittimi e naturali: questo comporta una sostanziale parità di diritti tra tutti i figli.

Se fino a pochi anni fa, infatti, i figli nati dal matrimonio, tradizionalmente definiti “legittimi”, vantavano più diritti rispetto a quelli nati da unioni di fatto o da relazioni estemporanee (i cosiddetti figli “naturali”), oggi entrambi godono per legge delle medesime tutele.

Già da qualche anno era in moto un processo di graduale parificazione con l’attenuazione dei privilegi per i figli legittimi che adesso si sono azzerati. Uno degli esempi di maggior rilievo che possiamo citare per comprendere la portata del cambiamento riguarda le successioni. In particolare è ormai impossibile, per i figli legittimi, liquidare la somma di eredità spettante ai fratelli, nati fuori dal matrimonio, per escluderli dall’asse ereditario e dai poteri decisionali che concede la qualità di erede.

 

I diritti derivanti dallo status di figlio

Lo status di figlio, così come definito dalla norma, si configura di fatto come un “macrodiritto” che trova molteplici livelli di applicazione per tutti i figli, indipendentemente dalla qualità della loro nascita.

Il figlio ha innanzitutto il diritto a ricevere un’istruzione adeguata che assecondi le sue naturali inclinazioni e predisposizioni. In questo senso, i genitori non potranno ignorare la sua autonomia decisionale e il suo diritto di essere ascoltato nelle questioni che lo riguardano più da vicino.

Analogamente al diritto all’istruzione, derivano sempre dallo status di figlio anche il diritto al mantenimento e alla bigenitorialità. Il primo deve essere garantito, secondo la legge, fino al raggiungimento dell’indipendenza economica del ragazzo, a prescindere dal fatto che questo avvenga o meno al compimento del diciottesimo anno di età. Il secondo intende invece assicurare al figlio il diritto-dovere di godere di rapporti paritari con entrambi i genitori.

Questi diritti investono di specifici doveri non solo i genitori ma anche l’intero tessuto sociale. Ciò significa, ad esempio, che il diritto all’istruzione, dovendo essere calibrato in funzione delle disponibilità economiche dei genitori stessi, fa sì che, in mancanza delle necessarie risorse finanziarie, siano le istituzioni pubbliche a dover intervenire, per assicurare ai capaci e meritevoli l’accesso ai più alti gradi di formazione.

Allo stesso modo, la legge prevede che in caso di una provata incapacità dei genitori ad assolvere i loro compiti nei confronti dei figli, siano le autorità pubbliche a dover provvedere, affinché i diritti dei minori vengano rispettati.

L’intervento dello Stato è previsto per tutelare il minore, in quanto membro “privilegiato” della collettività che deve attivarsi per salvaguardare i soggetti più deboli, indipendentemente dal fatto che i loro genitori siano sposati, separati oppure del tutto sconosciuti.

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Unione civile e matrimonio: uguaglianze e differenze

La legge che regolamenta l’unione civile ha stabilito che molti diritti tipici del matrimonio siano previsti anche per l’unione tra persone dello stesso sesso. Esistono molte uguaglianze ed alcune differenze tra i due istituti. Vediamo di riassumere i punti più importanti della Legge Cirinnà sul punto per fare chiarezza anche alle luce delle polemiche sorte negli ultimi mesi.

Uguaglianze

Moltissimi sono i punti di contatto tra unione civile e matrimonio, tanto che molti hanno inteso la normativa sulla unione civile come un vero e proprio matrimonio per coppie omosessuali. L’unione civile tuttavia si rivolge esclusivamente a persone dello stesso sesso mentre il matrimonio esclusivamente a persone eterosessuali.

Vi è una sostanziale equiparazione tra unione civile e matrimonio, ad esempio:

per i diritti (in caso di malattia o di ricovero, i partner hanno reciproco diritto di visita, di assistenza, nonché di di accesso alle informazioni personali ecc.);

per gli obblighi (obbligo reciproco di assistenza morale e materiale; obbligo per entrambe le parti, ciascuna in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia; obbligo di coabitazione; obbligo di concordare tra loro l’indirizzo della vita familiare e di fissare la residenza comune ecc.);

nei rapporti patrimoniali (comunione dei beni come regime patrimoniale ordinario con possibilità di optare per la separazione dei beni, per la comunione convenzionale o per la costituzione di un fondo patrimoniale; diritto al mantenimento; anche nelle successioni essendo, tra le altre, il partner superstite erede legittimo necessario quindi succede al partner anche in assenza di testamento e, per legge, ha diritto ad una quota dell’eredità di quest’ultimo. Ha diritto alla quota di legittima, che non può essere lesa, del partner defunto, per effetto di atti di disposizione, o di donazioni, oppure in caso di testamento; diritto al TFR e alla pensione di reversibilità ecc.);

nei rapporti con la pubblica amministrazione (diritto di visita in ospedale e in carcere; diritto a designarsi a vicenda per prendere decisioni in caso di malattia o in caso di morte, per esempio sulla donazione degli organi o per i funerali; trattamenti fiscali, assicurativi, graduatorie per alloggi e accesso ai servizi, assegni familiari, congedi lavorativi, aspettative, trasferimenti, welfare, ecc.);

nei rapporti privati (contratti di lavoro, di locazione, privacy ecc.);

nel risarcimento del danno in caso di decesso di una delle parti dell’unione civile derivante da fatto illecito (es. incidente stradale ecc.);

I medesimi diritti sono previsti anche per lo straniero che è unito civilmente a un altro straniero regolarmente residente in Italia, o a cittadino italiano (diritto al permesso di soggiorno; ricongiungimento familiare; carta di soggiorno per familiari di cittadini EU; richiesta della cittadinanza italiana ecc. il tutto secondo la normativa vigente).

Differenze

Tra unione civile e matrimonio vi sono anche alcune differenze, ad esempio:

Il matrimonio è costituito da una coppia di persone di sesso diverso e quindi da una coppia eterosessuale mentre l’unione civile da una coppia di persone di identico sesso e quindi da una coppia omosessuale.

Nell’unione civile, a differenza che nel matrimonio, non sono necessarie le pubblicazioni in Comune.

Le coppie omosessuali non possono unirsi civilmente se uno o entrambi siano minorenni ossia se non hanno compiuto 18 anni, mentre nelle coppie eterosessuali il minore che abbia compiuto i 16 anni può essere autorizzato dal Giudice a contrarre matrimonio, in genere se la donna è in stato di gravidanza.

Mentre nel matrimonio è previsto l’obbligo di fedeltà tra i coniugi, nell’unione civile non è previsto tale obbligo tra i partner.

Nell’unione civile, per ottenere lo scioglimento è necessario che siano trascorsi 3 mesi dalla dichiarazione – fatta all’Ufficiale dello stato civile da entrambi i partner, o anche da uno solo – di voler sciogliere l’unione. Lo scioglimento non avviene automaticamente ma per ottenere lo scioglimento dell’unione civile si dovrà, alternativamente, decidere se procedere con:

1) un ricorso congiunto al Tribunale (in caso di accordo già raggiunto da entrambi partner) oppure un ricorso giudiziale al Tribunale (in caso di disaccordo);

2) una negoziazione assistita con due avvocati (generalmente per essere aiutati a trovare un accordo);

3) un accordo sottoscritto davanti al Sindaco (Ufficiale di stato civile), con l’assistenza facoltativa di un avvocato, e a condizione però che non ci siano figli minorenni, o maggiorenni incapaci o portatori di un grave handicap, o economicamente non autosufficienti (salvo che non si tratti di figli di uno solo dei due partner).

Nel matrimonio, per ottenere il divorzio è necessario che siano trascorsi 6 mesi dalla separazione consensuale [o dalla negoziazione assistita con due avvocati o dall’accordo sottoscritto davanti al Sindaco (Ufficiale di stato civile)] o 12 mesi dalla separazione giudiziale.

Per chi è sposato esiste apposita normativa che consente l’adozione, ovviamente in presenza di determinate condizioni.

La legge sulla unione civile ha, invece, espressamente voluto tenere fuori il tema della filiazione: dall’adozione del figlio del partner (stepchild adoption), all’adozione legittimante (nazionale ed internazionale), alle altre modalità di procreazione medicalmente assistita.

Pur se se è stato espressamente previsto che all’unione civile non si applicano le norme sull’adozione e sull’affidamento dei minori, e quindi non viene riconosciuto, ad esempio, il diritto di poter adottare il figlio del partner (stepchild adoption), è stabilito che resta fermo quanto previsto e consentito in materia di adozioni, pertanto sarà possibile chiedere al Tribunale di valutare il singolo caso concreto per verificare – nel primario interesse del figlio – se ci sono, o meno, i presupposti per l’adottabilità del figlio del partner.

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