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Coppie di fatto: possibile la richiesta di assegno alimentare | Stato di bisogno dell’ex convivente

La Legge Cirinnà regolamenta alcuni aspetti giuridici relativi alle coppie di fatto. In particolare per l’ex convivente in stato di bisogno è adesso possibile ottenere un assegno alimentare.

Fino a poco tempo fa una persona che interrompeva una convivenza non poteva avanzare nessuna pretesa nei confronti dell’altra sia dal punto di vista morale che, soprattutto, economico.

Ricordiamo che quando parliamo di coppie di fatto nell’ambito della Legge Cirinnà ci riferiamo sia a coppie eterosessuali che a coppie omosessuali.

Per fare un esempio relativo alla casistica trattata possiamo immaginare una coppia omosessuale che convive da qualche anno. Uno, più giovane, senza un’entrata fissa mentre l’altro un normalissimo impiegato.

Il convivente ha diritto all’assegno di mantenimento?

 

Fino ad un anno fa se la coppia che abbiamo descritto si fosse lasciata ognuno avrebbe preso la sua strada senza poter avanzare alcuna richiesta di assegno.

Con la Legge Cirinnà il convivente “più debole” ha la possibilità di ricorrere in Tribunale per ottenere il riconoscimento di una somma di denaro periodica che, però, non è pari al mantenimento previsto in caso di separazione o divorzio di due coniugi o, ancora, di scioglimento di un’unione civile.

Il diritto previsto per il convivente è quello di ricevere un assegno alimentare.

Quali sono i presupposti dell’assegno alimentare e chi è obbligato

 

Per poter ottenere l’assegno alimentare la parte richiedente, nel nostro caso la persona che non ha lavoro, deve dare la prova di essere in condizione di bisogno e di non essere in grado di provvedere a soddisfare le necessità primarie ed essenziali.

A differenza dell’assegno di mantenimento che viene determinato anche valutando i redditi delle parti ed il tenore di vita goduto dalla coppia, nell’assegno alimentare è prevista la concessione di una somma che potremmo definire pari al “necessario per vivere” da individuarsi comunque in base alle possibilità reddituali dell’obbligato.

La prestazione alimentare, inoltre, potrà essere concessa solo per un periodo proporzionale alla durata della convivenza, quindi limitato nel tempo. È facile capire che l’assegno alimentare non solo dura per un tempo predefinito ma è anche di importo molto inferiore rispetto all’assegno di mantenimento.

Per finire bisogna precisare che prima del convivente obbligati a versare l’assegno sono i genitori ed i figli di chi lo richiede.

Tornando alla nostra coppia, pertanto, se il partner senza lavoro dovesse chiedere gli alimenti in Tribunale dovrebbe versarli l’ex convivente solo nel caso in cui lui non avesse più il padre o la madre o se questi non avessero le disponibilità economiche per provvedervi.

In ogni caso l’inserimento del convivente tra gli obbligati a versare l’assegno è una grande novità introdotta dall’Ordinamento nell’ottica della tutela di una situazione di fatto come la convivenza.

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Qual è il ruolo del convivente di fatto nell’impresa familiare

Il ruolo del convivente di fatto nell’impresa familiare non è mai stato regolamentato in Italia prima della Legge Cirinnà. Ciò comportava una grande lacuna dato che la nostra economia è da sempre fondata sul lavoro delle famiglie, anche in questi anni di crisi.

Da un’indagine AIDAF – Associazione Italiana delle Imprese Familiari, nel 2014 le imprese familiari erano 784’000 pari al 70% del totale delle aziende con un volume d’affari in crescendo.

Questo dato permette di comprendere come il tessuto aziendale formato dalle famiglie sia capillarmente diffuso nel territorio italiano ed abbia un ruolo essenziale anche per uscire dalla crisi economica mondiale la cui magnitudo è conosciuta ai più.

Di pari passo in questi anni sono aumentate anche le convivenze di fatto, quindi può essere utile a molte persone approfondire l’eventuale rapporto tra questi legami affettivi non fondati sul matrimonio e le imprese familiari.

Le novità introdotte dalla Legge Cirinnà per le convivenze di fatto

Mentre prima della Legge Cirinnà il convivente era del tutto escluso dalla disciplina dell’impresa familiare così come dai suoi benefici. Adesso, invece, è stato introdotto un nuovo articolo del Codice Civile, il 230 ter, il quale stabilisce che in una coppia di fatto la parte che presta la propria opera all’interno dell’azienda dell’altro convivente ha diritto alla partecipazione agli utili dell’impresa familiare ed ai beni acquistati con essi.

Al convivente spettano anche gli incrementi dell’azienda, compresi quelli relativi all’avviamento, in proporzione al lavoro prestato.

Il Codice, infine, esclude il diritto di partecipazione quando tra i conviventi esiste un rapporto di società o di lavoro subordinato.

Differenze rispetto al matrimonio ed all’unione civile

 

Sebbene questa riforma abbia previsto anche per il convivente il diritto più importante in un’impresa familiare, ossia la divisione degli utili, non tutta la disciplina è stata estesa alle coppie di fatto. Il convivente, a titolo esemplificativo, è escluso dal diritto al mantenimento secondo la condizione patrimoniale della famiglia, così come da quello di partecipare alle decisioni relative l’impiego degli utili e degli incrementi o, ancora, inerenti alla gestione straordinaria, agli indirizzi produttivi e alla cessazione dell’impresa.

Al convivente è negato pure il diritto di prelazione sull’azienda in caso di divisione ereditaria o di cessione a terzi che è caratteristica tipica delle imprese familiari perché permette di evitare la dispersione dei capitali e fare in modo che le “quote” dell’azienda restino legale alla parentela.

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