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Casa familiare venduta dopo l’assegnazione: conseguenze

Ottenere l’assegnazione della casa familiare può essere un traguardo importante in sede di separazione, divorzio o al termine di una convivenza. Se la casa viene venduta dopo il provvedimento, però, l’assegnatario potrebbe temere delle conseguenze.

Prendiamo il caso in cui, in sede di separazione, un Giudice assegna la casa familiare, di proprietà del marito, alla moglie che ci vivrà con il figlio minore. Il marito, all’insaputa della moglie, vuoi per ripicca, vuoi per reali bisogni economici, mette in vendita l’appartamento e, pochi mesi dopo, lo vende.

Davanti ad una simile rivelazione, soprattutto per i non addetti ai lavori, è facile entrare in allarme. La moglie potrebbe temere il peggio per il suo futuro più immediato. Si potrebbe far prendere dal panico all’idea che, da un giorno all’altro, possa essere costretta a cambiare abitazione con il bambino.

Possibile restare a vivere nella casa familiare anche se venduta a terzi

 

In questi casi è necessario informarsi ed essere lucidi. L’assegnazione della casa familiare è un provvedimento che deve essere rispettato dall’eventuale acquirente dell’abitazione. Si parla in questi casi di opponibilità al terzo proprietario, ossia alla persona che ha comprato la casa.

 

La vendita sarà opponibile all’acquirente per nove anni dalla data di assegnazione, ed anche oltre in caso di trascrizione del provvedimento di assegnazione presso i pubblici registri.

Questo significa che l’assegnatario potrà continuare ad abitare nell’immobile familiare anche se ne è cambiato il proprietario.

Ovviamente è sempre consigliabile rendere il prima possibile pubblica l’assegnazione, procedendo alla trascrizione del provvedimento nei registri della conservatoria dato che, in questo caso, il diritto sarebbe opponibile a tempo indeterminato e non per “soli” nove anni. In questo modo renderemmo più difficile ogni “speculazione” sulla casa a noi assegnata e ci metteremmo al sicuro da tentativi di espropriazione.

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Assegnazione casa familiare: disposta anche se i genitori non sono sposati | Convivenza e coppie di fatto

Tutti i figli godono degli stessi diritti, che derivano loro dallo status di figlio e non dal fatto di essere nati durante il matrimonio dei genitori. Ciò ha dirette implicazioni per le coppie di conviventi. In caso di cessazione della convivenza, infatti, se si è in presenza di figli, i genitori devono rispettare le regole previste  per le coppie sposate, che si separano, in materia di affidamento e mantenimento dei figli e assegnazione della casa familiare. Lo scopo è quello di tutelare i figli e i loro interessi.

La casa familiare dopo la rottura della convivenza

Il concetto di assegnazione della casa familiare veniva solitamente associato a una procedura di separazione. Oggi è ormai assodata la possibilità di procedere con la decisione sulla casa anche di fronte alla fine di una convivenza more uxorio. La casa familiare, come luogo di protezione naturale del bambino, infatti, è strettamente legata ai suoi bisogni ed alle sue esigenze. Per questo motivo le decisioni che la coinvolgono sono influenzate dalla presenza di un figlio. Del resto se due conviventi diventano genitori contraggono gli stessi e identici obblighi nei confronti dei figli rispetto a due genitori sposati. Il principio di responsabilità genitoriale, infatti, deriva dalla maternità e dalla paternità, non dal matrimonio.

Di fronte alla nascita di un bambino, quindi, i genitori conviventi hanno il dovere di far fronte a tutte le sue esigenze, anche nel momento in cui la convivenza dovesse interrompersi. Come durante una separazione, infatti, la fine di una convivenza può rappresentare per il figlio un momento particolarmente difficile. Il bambino potrebbe faticare, soprattutto nei primi tempi, ad accettare il distacco da uno dei due genitori. Si tratta di una fase molto delicata, soprattutto se il figlio coinvolto è molto piccolo: l’iniziale spaesamento per la mancanza di uno dei suoi punti di riferimento potrebbe provocargli stress, sofferenza e, in generale, una sensazione di disagio. Naturalmente, la situazione si complica se questa fase di distacco è accompagnata da un clima di accesa conflittualità, determinato da contese tra i genitori.

Per queste ragioni a tutela del minore si cerca di limitare, per quanto possibile, ogni ulteriore significativo cambiamento che potrebbe turbarlo, primo tra tutti l’improvviso cambio di casa.

Nella grande maggioranza dei casi, quando due genitori ex conviventi si trovano dinanzi al Tribunale per la definizione dell’affidamento e del mantenimento dei figli, il Giudice assegna la casa familiare al genitore prevalentemente convivente con loro, proprio per i motivi che abbiamo accennato. Ciò vale indipendentemente dalla proprietà dell’immobile: l’assegnazione viene effettuata senza badare al fatto che essa appartenga ad uno solo dei genitori o sia in comproprietà. In sostanza l’eventuale proprietario non assegnatario resterà proprietario dell’immobile ma dovrà andare a vivere da un’altra parte.

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Assegnazione della casa familiare in caso di marito e moglie separati o divorziati senza figli

L’assegnazione della casa familiare è un provvedimento che difficilmente viene emesso dal Tribunale in caso di marito e moglie separati o divorziati senza figli. Se non c’è accordo tra i coniugi, infatti, il Giudice tende a evitare che il godimento dell’immobile venga concesso ad un soggetto che non ne sia il proprietario.

L’assegnazione della casa familiare in mancanza di figli

Quando sono presenti dei figli la casa familiare viene normalmente assegnata al coniuge presso il quale sono collocati, cioè il genitore con cui i figli vivono per la maggior parte del tempo. Questa regola “non scritta” è dettata dall’esigenza di garantire ai figli la possibilità di continuare a vivere nell’ambiente domestico in cui hanno vissuto fino al momento della separazione.

Quando si discute la separazione o il divorzio di una coppia senza figli, invece, l’assegnazione della casa familiare non è un processo automatico. Si tratta di un tema ampiamente dibattuto tra le aule di Tribunale e rispetto al quale la storia di ogni coppia andrebbe analizzata singolarmente.

In linea generale, se la coppia riesce a raggiungere un accordo di separazione o divorzio consensuale, l’assegnazione della casa familiare può essere inserita tra le condizioni indipendentemente da chi sia il vero proprietario. Marito e moglie possono, quindi, arrivare a definire le modalità di spartizione dei beni comuni, casa compresa, ma anche stabilire che uno dei due ci possa vivere anche se l’immobile non è di sua proprietà.

Cosa succede alla casa familiare in mancanza di accordo

Se marito e moglie non sono d’accordo sarà il Giudice a esprimersi sulla sorte dell’abitazione. Se l’immobile è di proprietà di uno solo dei due coniugi, questo verrà con molte probabilità lasciato al suo legittimo proprietario. Nemmeno in caso di addebito di separazione vi sono grosse possibilità da parte dell’altro coniuge di ottenere l’assegnazione della casa.

Se invece marito e moglie hanno acquistato l’abitazione in comunione dei beni, la soluzione più frequente che viene adottata, e incoraggiata dai Giudici, è quella di mettere in vendita l’immobile e suddividere il ricavato.

Tuttavia in caso di coniugi comproprietari potrebbe anche accadere che l’abitazione venga assegnata al coniuge che, per effetto della separazione, risulti economicamente più debole. Si tratta di un’ipotesi percorribile solo in presenza di una sensibile disparità economica, che potrebbe essere in parte riequilibrata mediante l’assegnazione dell’immobile.

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La separazione che fa dividere la casa familiare

Separarsi significa in primo luogo lasciare la casa in cui si ha convissuto per anni e dove, probabilmente,  sono nati e cresciuti i figli. Concretamente questo implica la ricerca di un’altra sistemazione, il trasferimento delle proprie cose in uno spazio nuovo, il contendersi con l’ex quegli oggetti che hanno segnato la storia comune, magari oggetti privi di un valore economico, ma carichi di un significato simbolico e di un valore affettivo. Lasciare l’abitazione coniugale si rivela perciò un passaggio duro, amaro, che diventa ancora più complesso se insieme alla casa si devono lasciare anche i figli e se le risorse economiche di cui si dispone sono scarse, tanto da rischiare di non potersi permettere neppure l’affitto di una nuova abitazione.

La casa coniugale: i principi di assegnazione

E’ bene fare una premessa per chiarire il concetto di “casa coniugale”. Con questa definizione s’intende l’habitat domestico, cioé il luogo degli affetti, quello in cui tutti i membri della famiglia hanno convissuto e si sono relazionati fino al momento della separazione. Va da sè, quindi, che l’eventuale seconda casa al mare non potrà rientrare in questa definizione, né potrà essere soggetta agli stessi criteri di assegnazione. 

E’ previsto che, in caso di separazione, la casa familiare venga assegnata al coniuge collocatario, cioé il genitore con il quale vivranno prevalentemente i figli, sia che siano minorenni sia che siano maggiorenni ma non ancora autonomi dal punto di vista economico o portatori di handicap. A “ispirare” la norma, infatti, è l’interesse dei figli e la volontà di assicurare loro la possibilità di crescere nel luogo che da sempre conoscono e riconoscono come casa.

Una “pazza idea” in tempo di crisi

Ultimamente in certe situazioni hanno trovato accoglimento soluzioni singolari che possono consentire, di fatto, una condivisione degli spazi abitativi per i due coniugi: l’assegnazione parziale o il frazionamento dell’immobile familiare. Si tratta di ipotesi percorribili solo nei casi in cui siano riscontrabili determinate condizioni. Innanzitutto, l’abitazione deve essere sufficientemente grande da consentire la divisione della struttura in due unità abitative indipendenti; le parti devono versare effettivamente in condizioni economiche precarie tali da rendere non sostenibili le spese di mantenimento personali e dei figli con il reperimento di un’altra abitazione. Altra condizione determinante è che i coniugi non vivano una profonda conflittualità per non trasformare il rapporto di “particolare vicinato” in un prevedibile inferno. Se lo scopo primario, infatti, è venire incontro agli eventuali problemi economici dei coniugi, il fine che deve sempre essere raggiunto è quello della serenità dei figli permettendo loro di mantenere rapporti continuativi con entrambi i genitori. Va da sè che, se tra i due separati, vi è una conflittualità permanente, la possibilità di un’assegnazione parziale della casa familiare viene scartata dal Giudice.

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