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Eliminate le differenze tra figli legittimi e figli naturali | Riforma filiazione del 2012

Probabilmente poche persone sanno che la riforma sulla filiazione del 2012 è risultata epocale dato che ha parificato figli legittimi e naturali: tutte le residuali differenze, infatti, sono state eliminate.

La Legge, approvata dal Parlamento nel 2012 ed entrata in vigore nel 2013, ha definitivamente uniformato la normativa alla realtà della società civile, dove è ormai frequentissimo che un figlio nasca al di fuori del matrimonio.

Parità tra figli nati durante il matrimonio e figli nati fuori dal matrimonio

Con la parificazione tra i figli nati in costanza di matrimonio e figli nati al di fuori non vi è più alcuna differenza tra figli legittimi e naturali: questo comporta una sostanziale parità di diritti tra tutti i figli.

Se fino a pochi anni fa, infatti, i figli nati dal matrimonio, tradizionalmente definiti “legittimi”, vantavano più diritti rispetto a quelli nati da unioni di fatto o da relazioni estemporanee (i cosiddetti figli “naturali”), oggi entrambi godono per legge delle medesime tutele.

Già da qualche anno era in moto un processo di graduale parificazione con l’attenuazione dei privilegi per i figli legittimi che adesso si sono azzerati. Uno degli esempi di maggior rilievo che possiamo citare per comprendere la portata del cambiamento riguarda le successioni. In particolare è ormai impossibile, per i figli legittimi, liquidare la somma di eredità spettante ai fratelli, nati fuori dal matrimonio, per escluderli dall’asse ereditario e dai poteri decisionali che concede la qualità di erede.

 

I diritti derivanti dallo status di figlio

Lo status di figlio, così come definito dalla norma, si configura di fatto come un “macrodiritto” che trova molteplici livelli di applicazione per tutti i figli, indipendentemente dalla qualità della loro nascita.

Il figlio ha innanzitutto il diritto a ricevere un’istruzione adeguata che assecondi le sue naturali inclinazioni e predisposizioni. In questo senso, i genitori non potranno ignorare la sua autonomia decisionale e il suo diritto di essere ascoltato nelle questioni che lo riguardano più da vicino.

Analogamente al diritto all’istruzione, derivano sempre dallo status di figlio anche il diritto al mantenimento e alla bigenitorialità. Il primo deve essere garantito, secondo la legge, fino al raggiungimento dell’indipendenza economica del ragazzo, a prescindere dal fatto che questo avvenga o meno al compimento del diciottesimo anno di età. Il secondo intende invece assicurare al figlio il diritto-dovere di godere di rapporti paritari con entrambi i genitori.

Questi diritti investono di specifici doveri non solo i genitori ma anche l’intero tessuto sociale. Ciò significa, ad esempio, che il diritto all’istruzione, dovendo essere calibrato in funzione delle disponibilità economiche dei genitori stessi, fa sì che, in mancanza delle necessarie risorse finanziarie, siano le istituzioni pubbliche a dover intervenire, per assicurare ai capaci e meritevoli l’accesso ai più alti gradi di formazione.

Allo stesso modo, la legge prevede che in caso di una provata incapacità dei genitori ad assolvere i loro compiti nei confronti dei figli, siano le autorità pubbliche a dover provvedere, affinché i diritti dei minori vengano rispettati.

L’intervento dello Stato è previsto per tutelare il minore, in quanto membro “privilegiato” della collettività che deve attivarsi per salvaguardare i soggetti più deboli, indipendentemente dal fatto che i loro genitori siano sposati, separati oppure del tutto sconosciuti.

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Nuovi criteri per la successione dei figli dopo la riforma del 2012

La riforma sulla filiazione del 2012 ha introdotto nuovi criteri per la successione dei figli dato che ha sancito definitivamente la sostanziale uguaglianza tra figli nati durante il matrimonio, una volta chiamati legittimi, e figli nati al di fuori del matrimonio, prima chiamati naturali. Al di là del valore etico, questa riforma è andata ad abbattere le ultime differenze tra i figli e gli interventi più significativi son stati in ambito successorio.

I nuovi criteri per la successione dei figli

La novità più importante è stata la cancellazione del cosiddetto “diritto di commutazione”.

Il diritto di commutazione era quella possibilità che avevano i figli legittimi di liquidare, in denaro o beni immobili, i fratelli nati da relazioni fuori dal matrimonio del genitore deceduto.

In questo modo i fratelli venivano liquidati per la porzione di eredità a loro spettante e non entravano a far parte della divisione ereditaria.

In caso di opposizione da parte dei figli naturali, era necessario rivolgersi al Giudice, il quale, valutate le circostanze personali e patrimoniali, era tenuto a prendere una decisione. Oggi, invece, anche i figli nati al di fuori del matrimonio entrano a pieno titolo nella divisione ereditaria. Non solo: il diritto successorio non è riconosciuto unicamente nei confronti dei genitori, ma anche di tutti gli altri parenti.

La precedente riforma del diritto di famiglia del 1975 aveva sì compiuto un sostanziale passo in avanti in questa direzione, introducendo il dovere di ciascun genitore di mantenere, educare e istruire i figli anche se nati fuori dal matrimonio. Ma erano rimaste comunque delle differenze di trattamento tra figli nati all’interno o all’esterno del matrimonio, la maggior parte delle quali riguardavano proprio i diritti successori.

Di fatto, si venivano a creare ingiustificati privilegi e disparità che legavano la nascita del bambino alla sua futura possibilità di accedere o meno all’eredità familiare. Quasi come se i figli concepiti e nati nel matrimonio godessero di una superiorità affettiva, e quindi materiale, su tutti gli altri.

Possiamo dire, quindi, che è stato fatto un ulteriore passo avanti in una società come quella attuale, caratterizzata dalla costante diminuzione di nuovi matrimoni a fronte di un aumento, via via sempre maggiore, di convivenze, dove la precedente normativa poteva apparire decisamente anacronistica.

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